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Il Caregiver familiare: Italia ancora lontana dal welfare moderno

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ISTAT parla di un numero di caregiver compreso tra i 12 e i 7 milioni

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Oggi parliamo di una nuova figura in continuo aumento nella nostra società, ovvero quella del caregiver familiare, cioè di chi in ambito domestico assiste a titolo volontario e gratuito un proprio caro che, per l’età avanzata o per motivi di salute, non è autosufficiente e ha bisogno di un supporto costante per lo svolgimento delle attività quotidiane e per la gestione della disabilità.

Noto esempio di caregiver familiare è il figlio che si prende cura del genitore anziano, o anche il genitore che si occupa di un figlio disabile.

In Italia, anche a causa del progressivo invecchiamento della popolazione che fa aumentare le necessità di assistenza e di cura, i caregiver familiari sono moltissimi. Non esiste un dato ufficiale, ma stime recenti basate su due indagini ISTAT parlano di un numero compreso tra i 12 e i 7 milioni.

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Quella di divenire caregiver è in genere una libera scelta affettiva, ma anche costrittiva, non trovando una differente soluzione accettabile all’accudimento del proprio caro.

Una soluzione che è alternativa al ricovero del familiare in strutture protette: per l’indisponibilità di queste, per la carenza di personale specializzato, per il senso di abbandono di alcune RSA pubbliche e per i costi di alcune tra quelle private.

Queste sono ragioni di sintesi che hanno anche riflessi nel costume sociale, poiché il ricovero dell’anziano in una struttura protetta troppo spesso finisce col diventare uno scarico di responsabilità parentale e un abbandono di fatto causato dal decadimento dell’anziano allontanato dal suo mondo casalingo e dal lento ma inesorabile scarico di responsabilità da parte della famiglia di appartenenza comprovata dalla riduzione progressiva delle visite nella struttura di ricovero.

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Mi preme sottolineare che fare il caregiver familiare porta a notevole stress fisico e psicologico, talvolta comporta la perdita del posto di lavoro e senso di solitudine nell’affrontare il compito in una società che non tutela e supporta adeguatamente tale figura quando invece l’assunzione del ruolo di caregiver da parte di un familiare, basandosi in sostanza su un sacrificio personale, ha un grande valore sociale comunitario visto che determina una minore spesa sociosanitaria pubblica.

Per queste ragioni nella maggior parte degli Stati europei l’attività dei caregiver familiari viene incentivata provvedendo con contributi economici o con agevolazioni di servizio favorito dall’appoggio formativo e continuativo di strutture di servizio pubblico o privato accreditate.

L’Italia vorrebbe essere un Paese del welfare posizionandosi altrettanto su questa strada, ma presenta ancora incertezze normative ed esecutive in quanto manca sul settore una legge quadro organica che ordini e normalizzi questa attività sociale lasciata al volontarismo.

La capacità di risposta ai bisogni delle persone anziane, fragili o con disabilità -va detto- è uno degli indicatori principali di un welfare moderno, inclusivo, equo ed efficiente e sarebbe opportuno che i nostri legislatori convenissero sull’importanza e il valore intrinseco per l’intera società dei caregiver familiari, che si dedicano h24 alla cura e all’assistenza dei propri congiunti non autosufficienti, valorizzandoli e sostenendoli per la loro indispensabilità nella nostra società sempre più longeva e a crescita zero.

Il caregiving è oggi (e lo sarà sempre più) essenziale per il mantenimento della persona non autosufficiente, ed è essenziale anche per una ragione etica che fonda la nostra società: il prendersi cura, in special modo del più debole, sostanzia il legame fra le generazioni e tra gli individui in genere, permette alle persone di esperire la loro più propria autenticità umana, nell’accompagnare nella malattia e nella vecchiaia fino alla perdita della vita.

Il caregiver ha bisogno di aiuto, di confronto e di dialogo, per contenere gli effetti disorientanti della malattia e per non spezzare il filo di senso che lo motiva e lo sostiene nell’assistenza.

Il caregiving richiede risorse, personali, ambientali, economiche. L’assenza di risorse sufficienti mette a rischio tutti coloro che sono coinvolti perché acuisce la povertà, induce la disperazione, provoca la rottura dell’equilibrio che regge l’assistenza.

Si deve pertanto promuovere il riconoscimento sul piano culturale e sociale del caregiving e, di conseguenza, modulare e articolare le risposte del servizio pubblico a sostegno di tale ruolo non come una concessione, ma come un aspetto strategico per lo sviluppo civile, e forse non a livello nazionale ma europeo, avviando una politica comune dell’Unione nella prossima legislatura.

A cura di Mara Beltramolli

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