Il Miramondo
Gli arabi ci considerano poco? Meglio votare allora

La Geopolitica sta assumendo così crescente importanza da influire in modo tangibile sulle nostre vite, tanto che dovrebbe essere introdotta come materia essenziale già dalle scuole.
Recentemente Federico Rampini, con Luttwak uno dei grandi studiosi geopolitici internazionali, ha fatto una lucida analisi e per certi versi sorprendente in rapporto ad un suo recente viaggio In Arabia Saudita.
Ciò che ha colto con soddisfazione lo stesso Rampini è il repentino progresso, specialmente in direzione della parità dei diritti, che stanno compiendo i sauditi sotto la guida di fatto del principe ereditario Mohammed bin Salman, soprannominato MBS, designato da suo padre re Mohammed al-Saud.
Racconta Rampini che in Arabia, pur restando un paese lontano anni luce dalla democrazia, ha notato uno stravolgimento epocale rispetto al suo precedente viaggio non certo nella notte dei tempi, ma pochi anni fa.
Rampini nota, in primo luogo, l’assenza della polizia religiosa, che era solita imperversare con particolare severità quando non ferocia per le vie delle città saudite, e la libertà delle donne di potersi acconciare e vestire senza (quasi) prescrizioni di sorta.
Non solo ma le donne da qualche anno possono guidare, uscire da casa sole contrariamente a prima, quando dovevano essere sempre accompagnate o dal marito o da un parente maschio. E, sempre da sole, possono persino viaggiare all’estero.
E’ quasi un abbandono o meglio, un’interpretazione più logica delle rigide norme coraniche a favore di una maggiore libertà, non dettato solo da una improvvisa apertura mentale, ma sostanzialmente basandosi sui progressi sotto tutti gli aspetti compiuti dai Paesi del Golfo, Dubai in testa, una volta allentate le rigide norme di vita legate ai precetti coranici.
In tale confronto l’Arabia Saudita ha attivato una sorta di cambiamento di rotta che, in previsione dell’inevitabile esaurirsi delle scorte petrolifere, persegue l’obiettivo di attirare lo stesso turismo che offrono altri paesi arabi e maggiori investimenti da tutto il mondo.
Sul fronte meramente geopolitico l’Arabia Saudita ha inoltre ripreso stretti contatti con gli Stati Uniti che di fatto stanno fornendo un prezioso aiuto (anche italiano) volto a consentire i commerci navali nel Mar Rosso minacciati dai ribelli Houti.
Con Houti ed altri gruppi fanatici islamici i sauditi sono in perenne conflitto, subendone anche attentati di grave entità a partire da quello alla Grande Moschea della Mecca.
In precedenza, i sauditi avevano raffreddato i rapporti con gli Stati Uniti durante la Presidenza Obama, reo a loro avviso di aver favorito le rivolte nei paesi arabi, la cosiddetta Primavera araba, creando forte instabilità in larghe aree dei paesi islamici.
Instabilità che a mio parere crea più ansia ai Paesi Arabi che agli occidentali. Il cambiamento di rotta è notevole se solo pensiamo che fino a non molto tempo fa tempo fa ciò che i petrodollari finanziavano.
Per contro, l’Arabia Saudita pare consideri poco o nulla l’Europa Unita. Ne coglie il declino e la debolezza dal punto di vista geopolitico considerandola nulla più di un mero satellite degli Stati Uniti. Non si creda tale considerazione come isolata, l’idea è che sia generalmente diffusa un po’ ovunque al di fuori del Vecchio Continente.
Già solo questo basterebbe a dare motivo per votare e contribuire ad un cambiamento in grado di arginare sia l’abbassamento della reputazione con conseguente stallo economico e sociale.
Gli Stati Uniti, se Trump venisse eletto, in tutta probabilità applicheranno il tanto minacciato drastico taglio alle spese militari comuni, e non solo a quelle, tacendo sui dazi.
In merito alle spese militari c’è da fare una considerazione: il dissesto finanziario provocato dal superbonus ed in particolare i tanti miliardi collegati alla truffa del secolo sul 110% non hanno certo incrementato nei paesi europei l’idea di affidabilità del nostro Paese in merito alla sensatezza delle spese attuate con i fondi comunitari.
Una visione politica quasi univoca è quella di auspicare maggiori deleghe comunitarie per determinate spese. in primis quella militare, creando un unico centro di costo in conseguenza di un unico esercito.
Ciò sarebbe non solo una boccata d’ossigeno per l’Italia ma una efficace defibrillazione che farebbe ripartire il suo cuore, non solo quello economico.
Meglio non astenersi che sdegnarsi.
A cura di Mario Garavelli
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