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Figuraccia della nazionale italiana segno del decadimento del nostro paese

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Spalletti e Gravina subito a casa. È necessario avere la consapevolezza che siamo dei «brocchi»

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Eliminati al primo turno dal Mondiale Sudafricano del 2010 e da quello brasiliano del 2014, ultimo atto della gestione Prandelli, non qualificati ai mondiali in Russia nel 2018, e in Qatar nel 2022. Ed ora fuori anche dal campionato europeo agli ottavi dopo esserci arrivati in modo miracoloso giocando un calcio vergognoso.

Il Commissario tecnico Spalletti, in piena confusione, ha dichiarato che con l’Albania gli azzurri avevano giocato abbastanza bene. Bastano queste parole per capire che in che situazione siamo. Siamo dei brocchi, prendiamone atto e finiamola di sopravallutarci.

Sia ben chiaro: non è la prima volta che non andiamo al mondiale ma per due volte di fila non è mai capitato: nella storia della Nazionale italiana di calcio non è mai successo di non partecipare a due Mondiali di seguito. L’Italia non si è qualificata ai Mondiali solo un’altra volta: non è andato in Svezia, per l’allora Coppa Rimet del 1958.

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Torniamo però al presente. L’eliminazione dell’Italia dagli Europei 2024, dopo una sconfitta per 2-0 contro la Svizzera negli ottavi di finale, ha lasciato un’amara delusione tra i tifosi e in tutto il Paese. La partita ha mostrato una squadra italiana incapace di impensierire gli avversari e vulnerabile in difesa.

Le criticità della Nazionale italiana sono emerse chiaramente durante tutto il torneo. L’assenza di un gioco consolidato e di giocatori di classe mondiale ha contribuito alla disfatta, evidenziando la mancanza di leadership e la capacità di reazione nei momenti difficili.

Questa eliminazione precoce rappresenta un duro colpo per il calcio italiano, che ora dovrà riflettere profondamente e pianificare attentamente il futuro per tornare competitivo a livello internazionale.

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Credo che sia arrivato il momento di dire la verità a tutti gli italiani. Oggi la nostra nazionale è mediocre e va inserita in una virtuale terza fascia mondiale. Per dirla tutta siamo allo stesso livello di squadre che fino a 20 anni fa dall’Italia subivano 5 o 7 gol a partita. Non bisogna illudere nessuno quindi e smetterla di pensare che possa succedere un miracolo come nel 1982. La nostra nazionale rappresenta un altro segno del decadimento della nostra società. 

Le scuse e le analisi del CT (chi lo capisce è bravo, visto che non riesce a mettere insieme una frase compiuta) per la sonora sconfitta diventano ancora quasi ironiche perché appese al nulla. Prima mancano i giovani, ma in questi Europei non eravamo i più vecchi e abbiamo perso contro la Svizzera.

Il problema è più strutturale ed evidentemente parte da lontano. Non ci sono più i Totti, Baggio, Maldini, Baresi, Cannavaro e Del Piero. Ora quelli che giocano in nazionale sono dei brocchi. Prendiamone atto.

Il problema sono i troppi stranieri? Non è vero perché il problema esiste dal tempo della legge Bosman. C’è però da chiedersi quante famiglie italiane possono permettersi di mandare i propri figli nelle scuole calcio. La domanda è legittima, ma se la risposta è quella che temo, la prima selezione diventa una scelta sociale e non più sportiva. E questo non sarebbe ammissibile. 

Forse oggi si parla più di tattica che di tecnica, non ci sono più calciatori che saltano l’uomo e che creano spazi su questi campi sportivi che diventano sempre più piccoli ogni minuto che passa. Non parliamo poi della costruzione ostinata dal basso, una noia assoluta. Forse come detto ieri da Caressa nella sua disamina servono borse di studio, aiuti economici, scuole federali gratuite. Ma anche persone che di calcio ne capiscono davvero. 

Un ultima cosa: Carlo Tavecchio, presidente della Figc (Federazione Italiana Giuoco Calcio), si è dimesso dal Consiglio federale a seguito della mancata partecipazione dell’Italia ai Mondiali del 2018 in Russia. Oggi dopo altra mancata partecipazione ai mondiali, Qatar 2022, e la figuraccia europea non ci si dimette ma si pensa alla riorganizzazione di una debacle. Tavecchio va ricordato per un sussulto di dignita’ che, purtroppo, non ha fatto scuola.

Per evitare un nuovo fallimento Spalletti e Gravina devono subito dimettersi. Si deve ripartire da zero con forza e coraggio.

A cura di Roberto Conci – direttore editoriale 

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