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Il cibo italiano è il più amato al mondo ma le nostre marche arrancano

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il cibo italiano è il più amato al mondo
Credits: Foto Luca Riviera 2023 | ADG FUTURA 2023 evento Ambasciatori del Gusto organizzato da Olab & Partners
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La gara competitiva è molto amata per stabilire chi sono i primi e questo si traduce spesso in un aumento del valore della marca e quindi di una possibile monetizzazione. È uscita infatti la classifica dei 100 Brand Finance Food 2024: la classifica delle più importanti marche al mondo per il cibo. 

La cucina italiana nel suo complesso è la più amata in tutti i continenti del mondo. Quindi l’insieme della nostra offerta nazionale è leader nonostante il nanismo delle nostre imprese. Un bel risultato per il settore agroalimentare italiano. 

L’Italia vede solo 3 brand entro i primi 100 posti e sono i tre principali brand Ferrero – Kinder,  Nutella e  Ferrero Rocher – tutti in forte crescita. Insieme esprimono un valore di marca  pari a 6,2 miliardi di dollari, e sono posizionati rispettivamente al 28°, 52° e al 65° posto di questa classifica dominata dalla multinazionale Nestlé, la numero 1.

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Il resto dei nostri brand spesso piccoli, legati al territorio non riescono a sfondare a livello mondiale. Perché? Perché la frammentazione produttiva e di proposte culinarie non aiuta a sfondare come singola marca e azienda nel mondo. 

Un male? Non in assoluto, perché i “microbi” del business possono diventare i numeri 1 a patto di lavorare insieme e in modo coordinato. Questo è fondamentale e si riallaccia alle politiche di filiera, del “fare rete”, dell’essere consapevoli della propria dimensionalità e possibilità. 

Quando noi di BeFOODIE facciamo consulenza per le piccole e medie imprese italiane del food, troviamo grandi resistenza a far passare il concetto che conviene allearsi con il collega competitore, per arrivare a obiettivi più importanti. Spesso il nemico è il vicino e non la competizione globale nel mondo dei “grandi”. 

Da cosa dedurre questa convenienza ad allearsi e collaborare? I nostri prodotti, brand e chef hanno fatto diventare la cucina italiana la più amata al mondo!

Per il Global Soft Power Index, emerge che il cibo italiano è il più amato in assoluto al mondo, seguito da quello francese e poi dal messicano. La scarsa presenza delle marche alimentari italiane, francesi e messicane tra le 100 più importanti del mondo contrasta con i risultati del valore della cucina nel suo complesso sotto la bandiera nazionale.

cibo italiano il più amato al mondo

Foto Luca Riviera 2023 | ADG FUTURA 2023 evento Ambasciatori del Gusto organizzato da Olab & Partners

In tutti i continenti il nostro cibo Made in Italy risulta il più amato al mondo in tutti i continenti e in quasi tutte le nazioni. Cina e India sono tra le pochissime nazioni importanti in cui il cibo italiano non è il più amato. Tra i cinesi domina la cucina locale mentre la cucina italiana risulta all’11° posto dopo la cucina spagnola, francese, portoghese e dopo altre cucine regionali. In India, la cucina italiana risulta seconda dopo quella locale. 

Molto provocatoriamente nella ricerca saranno compresi anche i prodotti italian sounding? Cioè i prodotti realizzati in altro luogo ma che imitano la nostra cucina. Il valore pare si aggiri fra gli stimati 60 e 80 miliardi di valore  dai copioni del Made in Italy. Queste ricerche non affrontano la questione.

Quali le cause di questa scarsa competitività nella classifica dei top 100 brand al mondo?  La difficoltà a competere con i grandi brand internazionali pare derivi ancora una volta non dal prodotto, ma dagli scarsi investimenti in marketing e comunicazione, oltre ad uno sviluppo aziendale dalle piccole dimensioni che non aiutano a competere con le logiche delle multinazionali. 

Aggiungiamo che le nostre imprese quasi sempre familiari hanno grandi difficoltà nella trasmissione d’impresa. I top brand hanno maggiore capacità di fare grandi investimenti di marketing a supporto delle vendite, nel fare investimenti in ricerca e sviluppo, ed essere presenti nel mondo con visioni di lungo periodo. 

Le imprese italiane soffrono di nanismo, cioè le nostre imprese hanno dimensioni dalle grandi sproporzioni economiche. Tutto perduto? Assolutamente no. I brand italiani dovrebbero fare leva, proprio approfittando dell’amore per il nostro cibo, e dall’altro non puntare solo sulla eccellenza del prodotto o sul localismo, ma aggiungendo una motivazione. 

Un’esperienza che proponga lo stile italiano, qualcosa di unico e distintivo che lasci una traccia indelebile nella mente dei consumatori internazionali, ovunque i prodotti siano venduti. Insomma: lo scopo aziendale deve andare oltre il business e si deve spostare sui valori e sull’immaginario, cioè sullo sviluppo di politiche di marca. E insieme si può.

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