Ambiente
5.089 attacchi dei grandi carnivori all’uomo, il 50% letale. E quel killer silenzioso che favorisce l’escalation
Il cambiamento climatico ruolo chiave dell’aumento dei conflitti uomo-carnivoro

Orsi e lupi: in tutto il mondo si intensificano gli attacchi all’uomo. Cerchiamo di capire il perché. In Trentino, nonostante si tenti di sedare il problema rimandando scelte pesanti che dovranno comunque essere fatte, la presenza di orsi e lupi fa paura.
Paura giustificata? Una recente ricerca indica che gli attacchi di carnivori a livello universale sono aumentati costantemente dal 1950 al 2019. E la ricerca si ferma al 2019. Dato innegabile ma, come vedremo, con molte variabili.
Sta di fatto che in quanto ad allarmismo siamo in buona compagnia, a partire dai nordamericani. Nei parchi degli Stati Uniti vi è stata un’ondata di attacchi predatori contro escursionisti e ranger come non si era mai vista.
Nel febbraio di quest’anno Keri Bergere stava facendo il consueto giro in bicicletta del sabato con le amiche sul sentiero di Tokul Creek vicino a Fall City (Washington) quando d’improvviso due puma sono apparsi di fronte a loro. Un puma è fuggito tra i cespugli, l’altro si è girato e in pochi secondi, aveva già afferrato la donna di 60 anni strappandola dalla sua bicicletta.
Il puma ha morso la testa della Bergere e non ha lasciato la presa per oltre un quarto d’ora, mentre altri ciclisti provavano di tutto: l’hanno colpito ripetutamente con i bastoni, hanno gettato un masso di 11 kg sulla sua testa, l’hanno pugnalato con un coltello, mentre la Bergere continuava a colpirlo negli occhi e nella bocca.
Quando il puma finalmente ha mollato la presa e la Bergere è riuscita a divincolarsi, i soccorritori hanno gettato una bicicletta sopra l’animale, tenendolo bloccato sino all’arrivo dei soccorsi.
La donna è sopravvissuta ma con una lesione nervosa e un danno permanente al volto. Il puma è stato abbattuto.
A Haines Junction, nello Yukon,il 4 luglio scorso Vanessa Chaput stava facendo footing col suo cane quando ha visto tre Grizzly. Nativa del posto e cresciuta incontrando predatori, Chaput sapeva come comportarsi, ma quando il suo cane si è divincolato dal guinzaglio, uno degli orsi l’ha caricata, le ha bloccato il capo con gli artigli ed ha iniziato a morderla sulla testa.
Fortunatamente la Chaput sui capelli aveva indossato una grande clip che rompendosi nella bocca dell’orso ha fatto desistere il plantigrado. La donna ha subito ferite al braccio, oltre ad una frattura, danni ai nervi e tricipiti strappati.
Le due donne aggredite non avevano fatto nulla per provocare questi attacchi; sono eventi occasionali che si verificano quando carnivori e umani si incontrano, e l’elemento sorpresa incita al comportamento difensivo nell’animale, ma solitamente è infatti un comportamento difensivo non aggressivo.
Ed è recente la notizia di un leone di montagna che a El Dorado, in California, ha aggredito e ucciso un ventunenne e ferito gravemente suo fratello. E dalle statistiche risulta che erano vent’anni che non si verificava un attacco predatorio in zona.
Chris Servheen, un coordinatore in pensione dell’US Fish and Wildlife Service (paragonabile ai nostri Forestali), afferma che tali attacchi sono tra i più insoliti che abbia mai visto in precedenza: “Di solito, l’orso cerca di attaccare la persona o neutralizzarla momentaneamente perché ha paura, poi però scappa”.
Servheen osserva che gli animali coinvolti in questo tipo di attacco e fuga vengono raramente rimossi o abbattuti, ma in questi due casi sia il puma che l’orso Grizzly, così tenaci nel non mollare la presa, sono stati abbattuti.
Era necessario? La BBC, forse il più autorevole media britannico tenta di fare il punto attraverso una lunga analisi, dove emerge appunto che non siamo i soli al mondo a temere gli attacchi sempre più frequenti degli animali predatori fuori dal loro contesto.
I risultati sono già noti: la causa dei sempre più frequenti conflitti tra uomo e fauna selvatica aumentano a causa della costante crescita demografica umana e dalla carenza di risorse alimentari per gli animali causata dal cambiamento climatico.
Tali attacchi rischiano di diventare consuetudine e ostacolare gli sforzi per la conservazione delle specie in pericolo di estinzione. Per dire, il conflitto uomo-fauna selvatica ha già portato alla decimazione delle popolazioni di lupi in Europa e negli Stati Uniti e all’estinzione delle sottospecie di tigre nell’emisfero australe. In realtà il numero di attacchi rimane comunque molto basso.
Vincenzo Penteriani, ricercatore del Consiglio nazionale spagnolo della ricerca (CSIC l’equivalente del nostro CNR) e co-autore di uno studio del 2023, afferma che in tutto il mondo tra il 1950 e il 2019 i gravi attacchi di carnivori nei confronti dell’uomo sono stati 5.089, e il 32% di questi ha avuto esiti fatali, con due terzi di questi decessi causati da felini come leoni e puma.
Esistono altri fattori comuni per spiegare gli attacchi dei carnivori agli umani, alcuni dei quali sono più prevenibili di altri, e sono propri della natura stessa dei carnivori basati sull’aggressività, come quelli che coinvolgono le femmine che proteggono i loro piccoli o una fonte di cibo, e man mano che i predatori diventano sempre più dipendenti dal cibo umano, come quello che potrebbero trovare nei campeggi o nei bidoni della spazzatura diventano sempre meno timorosi nei confronti degli esseri umani.
Perdendo quest’ istintiva paura i predatori possono trovarsi sempre più spesso in situazioni di conflitto con l’uomo. Situazioni che spesso si concludono con l’animale che viene abbattuto dagli umani, con o senza autorizzazione.
Un modo di dire comune tra biologi e responsabili della conservazione delle specie recita: “Un orso alimentato dall’uomo è un orso morto”. A quanto pare, un detto a ragion veduta. E probabilmente non si riferisce solo all’orso.
Ma va detto che i carnivori che arrivano a riconoscere gli esseri umani come cibo sono una storia a sé che vale la pena di approfondire. E’ raro che un carnivoro veda un essere umano quale preda per cibarsi, ma accade.
In altri contesti naturali come i parchi nazionali si possono verificare attacchi di animali provocati da irresponsabili che violando le regole scattano foto con loro o li nutrono, causano spesso, in caso di attacco, l’abbattimento in via cautelare dell’animale.
Dopo aver condotto analisi su 75 anni di attacchi, il gruppo di lavoro del dott. Penteriani ritiene che il 50% di questi avrebbe potuto essere evitato se gli umani avessero reagito in modo diverso, perché mettersi volontariamente in situazioni a rischio da per scontato che aumenti la probabilità di un attacco.
Anche i comportamenti a rischio sono ormai a conoscenza di chi abita in Trentino, e i più comuni, nelle zone ad alta de sono quelli di genitori che lasciano i loro figli incustoditi a giocare all’aperto, o portare a spasso un cane non legato al guinzaglio.
In merito ai cani il rischio non riguarda solo l’orso dal momento che uno studio afferma come il 66% degli attacchi di predatori come il coyote coinvolga un cane. E noi abbiamo i lupi.
La ricerca di Penteriani, come visto sopra, indica che gli attacchi di carnivori sono aumentati costantemente dal 1950 al 2019. Su questo va tenuto a debito conto che il dato può essere influenzato da un aumento concomitante delle segnalazioni, che mediante il cellulare sono pressoché istantanee.
Assistiamo in ogni caso a quello che per noi può apparire un controsenso: facciamo grandi sforzi per conservare le specie di predatori ed evitarne l’estinzione, e non solo qui in Trentino, e il rischio di attacchi è in aumento.
I Grizzly, ad esempio, sono aumentati di cinque volte rispetto a 40 anni fa, e il dato costante può essere osservato anche con gli orsi che ci siamo messi in casa.
Come visto, in merito agli attacchi predatori il principale motivo di preoccupazione nei paesi ad alto reddito è la repentina espansione urbana.
Le persone, anche per motivi economici, si spostano fuori città e a volte in zone dove vive fauna selvatica e spesso non sanno o non hanno voluto imparare come rispettarla, magari in buona compagnia di una spiazzata pubblica amministrazione.
Questo si traduce in comportamenti negligenti, come avere bidoni della spazzatura che non sono a prova di animali perché è così che li hanno trovati, ma su questo la Provincia si sta attrezzando, anche se si teme non basterà. E si teme che non basterà perché c’è un killer nemmeno tanto silente, il cambiamento climatico.
Gli esperti ritengono che il cambiamento climatico svolga un ruolo chiave nell’escalation dei conflitti uomo-carnivoro.
Jen Miller, specialista di programmi internazionali per il Fish & Wildlife Service degli Stati Uniti afferma: “Man mano che le risorse di cibo diventano più scarse, i carnivori e le persone entrano in contatto più di frequente, il che significa che potrebbero verificarsi più conflitti”.
Per fare un esempio c’è stato un aumento degli attacchi dei leoni nell’India occidentale durante la siccità, perché leoni e persone si affidavano alle stesse fonti d’acqua.
In tutti i paesi ad alto reddito vi è estrema attenzione e preoccupazione attorno a questi attacchi pur essendo eventi finora abbastanza rari.
Forse non sarà sempre così: Il cambiamento climatico sta anche accorciando l’inverno e riducendo la copertura della neve nell’emisfero settentrionale, il che secondo Servheen, potrebbe causare la fine prematura del letargo degli orsi prima che il cibo da cui in genere dipendono sia disponibile, con il risultato che i plantigradi possono raggiungere zone antropizzate per nutrirsi.
Così, mentre i territori del Nord si riscaldano e il ghiaccio si scioglie in aree come l’Artico, anche gli orsi cambiano abitudine.
Come gli orsi polari, che per mancanza di cibo si stanno spostando in aree occupate dall’uomo: è notizia recente dell’uccisione da parte di due orsi polari di un addetto ad una remota stazione radar artica nel territorio di Nunavut, in Canada.
Va comunque specificato, se ce ne fosse bisogno, che la probabilità di conflitti uomo-carnivoro è logicamente più alta nelle aree dei paesi a basso reddito, dominate da vasti paesaggi rurali e terreni agricoli.
Secondo la ricerca di Penteriani gli innumerevoli territori nel Sud del globo, come foreste e savane, sono intervallati da gente che ci lavora e habitat di carnivori. In queste aree, le popolazioni di carnivori sono maggiori di quelle umane e più diffuse.
Affidandosi all’agricoltura e al bestiame per i loro mezzi di sussistenza, le popolazioni che vi abitano hanno logicamente maggiori opportunità di entrare in contatto con questi carnivori.
Questa sovrapposizione dell’habitat pone le basi per un circolo vizioso di conflitto uomo-animale, con la conseguenza di molte più morti di animali rispetto a quelle umane, rendendo estremamente difficoltoso il lavoro di conservazione delle specie animali.
Gli esperti, e per esperti si intende gente che ha studiato, affermano che rimuovere l’animale non è la risposta. Questa reazione può portare a un forte declino della popolazione e alla minaccia di estinzione, come nel caso dei lupi grigi negli Stati Uniti pre-1960, pressoché scomparsi.
Resta la domanda su cosa fare. I conflitti uomo-fauna selvatica, come orsi e lupi nostrani, potrebbero sembrare inevitabili man mano che gli abitanti aumentano e gli habitat dei carnivori diminuiscono, ma ci sono modi per ridurre al minimo il rischio di essere coinvolti in uno scontro letale.
Uno di questi è una migliore comprensione dei carnivori nella zona dove si vive, e di ciò che potrebbe attirarli a te, o quali situazioni potrebbero lasciarti vulnerabile.
Ci sono alcune linee guida generali per prevenire gli attacchi, la Provincia le ha diffuse e sono le stesse in tutto il mondo, ma non ci si stancherà mai di ripeterle: attenersi a gruppi di almeno tre adulti quando si è in territorio carnivoro; se stai portando a spasso il tuo cane tienilo sempre al guinzaglio, anche nelle aree più urbane ai margini dei boschi. Evita di passare del tempo all’aperto durante l’alba o il tramonto perché questo è il momento in cui i carnivori tendono ad essere più attivi. Se vedi un carnivoro stai ad almeno 100 metri di distanza ecc…
Gli americani suggeriscono anche di portare borse separate per tenere sempre il cibo durante il campeggio, e munirsi di spray anti-orso.
Impedire a questi animali di abituarsi al cibo facile è una delle maggiori sfide, soprattutto perché sempre più persone antropizzano o il territorio. Negli Stati Uniti il problema è sentito come da noi, tanto che hanno attuato programmi specifici per le comunità. Si chiamano Bear Smart. Nulla di particolarmente innovativo: include la messa in sicurezza dei bidoni della spazzatura rendendoli a prova di orso, recinzioni elettriche attorno a bestiame e giardini, non lasciare cibo all’esterno delle abitazioni e portare sempre lo spray anti-orso. Inoltre, in caso di incontro battere le mani e i piedi per terra.
Il National Park Service suggerisce anche di parlare con calma per mostrare che sei umano perché per loro rappresenta una minaccia maggiore, e non voltare mai le spalle o arrampicarti su un albero, poiché gli orsi sono più agili.
Quando un attacco non può essere prevenuto, le manovre difensive possono aiutarti a evitare lesioni gravi o pericolose per la vita, ma variano a seconda dell’animale.
Con un orso puoi fingerti morto, sdraiato sullo stomaco e coprendo le parti più vulnerabili del tuo corpo con uno zaino e coprirti la testa con le braccia.
E se qualcuno, come la maggioranza dei trentini, pensa che tutto questo sia castrante per il nostro piccolo territorio non ha tutti i torti, ma bisogna farsene una ragione, almeno finché i plantigradi rimarranno specie protetta, e scegliere tra il continuare la lotta per far valere le nostre oppure conviverci, con gli orsi come con chi li ha introdotti.
E, dovendo scegliere, sono quasi più rassicuranti gli orsi.
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