Ambiente Archivi - La voce del Trentino https://www.lavocedeltrentino.it/category/home/rubriche/abitare-ambiente/ Quotidiano online indipendente Wed, 04 Sep 2024 07:11:04 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.2 Orsi in Trentino, Alessandro de Guelmi: «La provincia sta lavorando molto bene» https://www.lavocedeltrentino.it/2024/09/04/orsi-in-trentino-alessandro-de-guelmi-ex-veterinario-della-provincia-gli-allevatori-devono-sentirsi-supportati/ Wed, 04 Sep 2024 07:09:05 +0000 https://www.lavocedeltrentino.it/?p=475095 Orsi in Trentino, Alessandro de Guelmi: «La provincia sta lavorando molto bene»

«Il lavoro degli allevatori va riconosciuto, sostenuto e remunerato. L'abbattimento degli orsi pericolosi va fatto»

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Orsi in Trentino, Alessandro de Guelmi: «La provincia sta lavorando molto bene»

Alessandro De Guelmi (foto) è un veterinario esperto di fauna selvatica, con una grande conoscenza dell’orso, grazie ai trent’anni di esperienze dirette con questo animale.

Ora in pensione, ha collaborato per anni con la Provincia ed è stato il responsabile del benessere degli orsi e della loro sedazione durante le fasi di cattura.

Dato il clima di grande tensione che si è determinato negli ultimi anni in Trentino a riguardo alla questione orsi, abbiamo deciso di porgli qualche domanda.

Partiamo subito dai numeri… Secondo il Rapporto Grandi Carnivori 2023, il numero di orsi presenti in Trentino è stato stimato intorno ai 98 esemplari, con un Intervallo di Confidenza che va tra gli 86 e i 120, considerando gli orsi dall’anno di età in su. Lei cosa ne pensa? C’è chi parla di 200 orsi o più, altri sostengono che non ci siano dati sufficienti per fare una stima corretta.

“Sono abbastanza d’accordo con questa stima, realizzata nel 2023, anche se secondo me e altri esperti che girano per il territorio alcuni orsi mancano all’appello. Probabilmente ci sono stati diversi episodi di bracconaggio o di avvelenamento.”

E qui veniamo al caso dell’orsa F36, trovata morta nei boschi. Si parla di bracconaggio, ma è stata chiesta l’archiviazione…

“L’autopsia non lascia dubbi, è stata uccisa con una fucilata. Quanto alle questioni legali non mi esprimo, perchè non ho competenze in merito. Sicuramente dispiace che non venga fatta chiarezza.”

Secondo lei è legittima la paura che i trentini provano nell’andar per boschi?

“La paura è irrazionale, ma se gestita con razionalità è fondamentale per comprendere e valutare il rischio. La situazione di paura che c’è oggi è stata creata ad hoc, è una psicosi collettiva. C’è da temere di più l’encefalite da zecca, è molto più probabile che subire l’attacco di un orso.

La gente ha il terrore ad andare nei boschi, come se ci fossero orsi nascosti pronti ad assaltare. L’orso attacca per difesa e non per predare, non è una belva feroce. Non sopporta essere colto di sorpresa e infatti l’80% degli incidenti ha riguardato uomini adulti che nei momenti crepuscolari correvano veloci ed in silenzio nei boschi.”

L’orso ha un’alimentazione di tipo opportunistico…

“Sì, è un onnivoro per eccellenza, si nutre di qualsiasi cosa. Per circa l’80% la sua dieta è composta da vegetali, il resto da insetti e carcasse di animali che ritrova morti. Non è un predatore, generalmente non insegue per predare. È un plantigrado, ovvero appoggia tutta la pianta del piede per terra, cosa che richiede molta energia. Se vuol sopravvivere all’inverno è perfettamente cosciente che non può sprecare energie rincorrendo prede o simili. Solamente una piccola percentuale di orsi effettua predazioni su animali domestici”

E si apre il discorso degli allevatori…

“Gli allevatori vanno aiutati. Non è facile il loro lavoro e la presenza di orsi e lupi aggiunge incombenze che prima non avevano. Per mettere nel ricovero notturno il bestiame devono andare nei pascoli a prelevarli, affrontando la montagna anche in momenti non ideali, come brutto tempo, buio e nebbia. Inoltre la notte è importante per l’alimentazione degli animali da pascolo, quindi sarebbe meglio lasciarli all’aperto. Durante il giorno sono infastiditi da mosche e tafani e mangiano dunque di più di notte. Anche questo impatta economicamente sugli allevatori.

La Provincia dal punto di vista della prevenzione delle predazioni da parte di orsi e lupi sta lavorando molto bene, in maniera ottimale, fornendo recinti elettrificati e tutto quanto occorra per custodire adeguatamente il bestiame, ma ci vuole il sostegno dell’intera società. Il lavoro di questi allevatori va riconosciuto e remunerato.

Devono sentirsi supportati. Va fatto un patto sociale, tramite l’elaborazione di strategie prese di comune accordo tra tutte le parti, chi ama orsi e lupi, chi li odia e chi ci convive. Bisogna ridurre la conflittualità sociale che si è creata intorno alla questione. Prima era tra orso e uomo, adesso anche tra uomo e uomo…”

Cosa pensa dello spray anti-orso?

“Penso sia uno strumento utile, ma non è una soluzione. Intendo che vanno fatte comunque una serie di attività di ricerca e prevenzione. Sicuramente aiuterebbe certe persone che frequentano la montagna a viverla più serenamente. In particolare pastori o altre persone che per lavoro o diletto si muovono da sole ed in silenzio nei boschi.

Non dovrà essere venduto liberamente, ma sotto controllo. Funziona certamente meglio delle armi da fuoco che sono una falsa sicurezza, anzi, un pericolo. Durante un falso attacco, sparare all’orso è estremamente pericoloso, difficilmente si può riuscire ad abbatterlo e di conseguenza il falso attacco può trasformarsi in uno vero, con conseguenze disastrose per la persona.”

Che tipo di prevenzione?

“Occorre installare i bidoni anti-orso, per evitare che l’orso associ l’uomo alla presenza di cibo. Un altro grande problema sono i siti di foraggiamento per gli animali selvatici, è una pratica sbagliata sotto tanti punti di vista. Abitua gli ungulati a ricevere alimentazione artificiale e la maggior concentrazione di tali animali in questi luoghi aumenta di gran lunga il rischio di malattie infettive e parassitarie.

Quanto agli orsi, spesso in tali siti trovano mele e mais, di cui sono ghiotti. L’orso ha un olfatto dieci volte più potente di quello del cane, quindi sente l’odore dell’uomo su questi alimenti. E da qui nasce il collegamento uomo-cibo, condizionando l’orso al facile alimento antropico, che lo spinge ad avvicinarsi all’uomo e ai suoi insediamenti. I siti di foraggiamento andrebbero vietati, ora sono solamente sconsigliati. Mi pare un controsenso investire più di due milioni di euro di soldi pubblici in bidoni anti-orso e mantenere questa pratica che potrebbe inficiarne il risultato.

Non è tutto. La ricerca di cibo facile può portare l’orso a seguire gli escursionisti o a frequentare con assiduità sentieri, mulattiere o strade. Lungo questi itinerari non va lasciato neanche un torsolo di mela.

Al fine della sicurezza, sarà indispensabile implementare la ricerca ed il monitoraggio della popolazione ursina, solo così si potranno avere tutte le opportune conoscenze per informare ed educare le persone. L’informazione va messa in atto professionalmente, in modo capillare e sistematico, partendo ovviamente dalla scuola. È fondamentale trasmettere tutte le conoscenze riguardanti l’orso: il suo comportamento, cosa fare per non disturbarlo o per non incrociarlo e come agire in caso di incontro.”

Come funziona la dissuasione?

“Consiste nell’intervenire nel momento in cui l’orso manifesti atteggiamenti problematici o potenzialmente pericolosi; per esempio, se un orso si dovesse avvicinare ripetutamente a un paese per fare predazioni o alla ricerca di cibo facile, come i nostri rifiuti organici.

In tal caso la squadra di emergenza della forestale della Provincia interviene spaventando l’orso con luci e rumori, sparando pallettoni di gomma e facendo inseguire il malcapitato dai cani anti-orso, debitamente addestrati. Non sempre questa strategia risulta efficace, normalmente può funzionare, specialmente su soggetti giovani. È fondamentale che la potenziale fonte di cibo che ha attratto l’orso venga rimossa.

La cattura e il successivo radiocollaraggio sono operazioni complesse, difficili e rischiose, ma necessarie: quella della ricerca è un’ attività fondamentale. Conosciamo pochissimo sulle loro abitudini, non sappiamo bene come si muovano sul territorio, ma per poter rendere la convivenza ottimale dobbiamo fare ricerca sui nostri orsi e non basarci sui dati di altre nazioni, come Canada o Stati Uniti.

Il tutto accompagnato da un adeguato monitoraggio genetico. Siamo la zona con più alta densità di presenza umana in cui risiede in maniera stanziale una popolazione di orsi… Dobbiamo perciò attivare al meglio tutti gli strumenti che la scienza mette a disposizione per studiarli, conoscerli e gestirli.”

E i corridoi faunistici?

“Il territorio trentino è diviso da solchi vallivi che rendono problematici e pericolosi gli attraversamenti a tutta la fauna, orsi compresi. In particolare la Val d’Adige, con autostrada, ferrovia, insediamenti umani, rumori e luci, risulta essere una barriera molto difficile da oltrepassare e impedisce di fatto qualsiasi contatto con la popolazione di orsi slovena, bloccando lo scambio genetico.

I corridoi faunistici ci sono in tutto il mondo, qua no, anche se è da anni che li propongo. Il progetto Life Ursus prevedeva la distribuzione dell’orso sull’intero arco alpino, non solo nel Trentino occidentale. A titolo esemplificativo, due sovrappassi stradali nella zona di Vezzano e a Loppio andrebbero a collegare la val Venosta con il monte Baldo, con indubbi vantaggi per la fauna, ma anche per la sicurezza stradale. Ovviamente i tempi non sono brevi, ci vogliono progetti e finanziamenti.”

Che altro consiglia per una migliore gestione?

“Ritengo sia indispensabile istituire un tavolo di partecipazione molto allargato, che veda coinvolti tutti i portatori di interesse, al fine di raggiungere un patto sociale che definisca il numero di orsi che il territorio trentino e la popolazione sono in grado di sopportare.

Ho lavorato molti anni con i bravissimi forestali della provincia di Trento: affianchiandoli ai tecnici del Parco Adamello Brenta e del Muse avremmo un equipe stroadinaria che tutto il mondo ci invidierebbe. Mettiamoli nelle condizioni di lavorare al meglio!  Sono bravissimi e molto competenti, con una grandissima esperienza. Basta dar loro il modo di lavorare.”

Cosa pensa del recente abbattimento dell’orsa nella zona di Arco?

“Penso che l’abbattimento di esemplari pericolosi sia necessario, è una cosa che va accettata. Avviene in tutto il mondo, l’abbattimento legale è uno degli strumenti più importanti per garantire la sicurezza delle persone e la sopravvivenza della popolazione stessa degli orsi. Prima però bisogna adottare una serie di misure per evitare che ciò si renda necessario.

L’abbattimento è da considerarsi l’ultima spiaggia e non è mai una cosa piacevole, è una sconfitta, un fallimento.  L’orso è un animale pericoloso, né più né meno di tanti altri pericoli che incontriamo tutti i giorni, tuttavia il rischio che possa nuocere alle persone è molto basso.

Possiamo ulteriormente minimizzare tale rischio attraverso un’informazione corretta, costante e capillare riguardante il comportamento dell’orso e di conseguenza del nostro, in occasione di un eventuale incontro. A ciò è indispensabile affiancare tutte le attività inerenti alla prevenzione e alla ricerca, utilizzando tutti le indicazioni e gli strumenti tecnici che la scienza moderna può mettere a disposizione.”

Cosa succederebbe se l’orso scomparisse?

“La logica antropocentrica che ci spinge a eliminare tutto ciò che ci dà fastidio è la stessa che sta distruggendo il pianeta e che sta portando l’Homo sapiens sempre più velocemente verso la sua stessa estinzione. La natura siamo anche noi umani, non è una cornice che ci racchiude. Con l’orso verrebbe a mancare parte dell’ecosistema, ogni specie che si perde è un campanello d’allarme per la nostra stessa sopravvivenza.

Inoltre ci insegna il rispetto: quando si entra in un bosco dove non è presente l’orso ci si sente i più forti, i padroni. Al contrario, quando c’è l’orso si entra con attenzione, circospezione e rispetto e ci si sente ospiti. Lo stesso comportamento lo dovremmo mettere in pratica nel nostro rapporto con la natura in generale.”

Quante volte ha incontrato l’orso e quante si è sentito minacciato?

“L’ho incontrato tantissime volte e non mi sono mai sentito minacciato. Se non lo indisponi non fa niente. Ho subito dei falsi attacchi senza contatto, l’orso li utilizza per farti capire di non entrare nel suo spazio vitale, ma se si reagisce nella maniera corretta non succede nulla. Lo sa bene il ragazzino in Val di Non che qualche anno fa si è imbattuto in un orso, comportandosi correttamente.

Poi però si sente di certe persone, magari cacciatori, che dovrebbero sapere ormai cosa fare (sono più a rischio, perchè si muovono silenziosamente, sorprendendo l’orso), che si mettono a correre, cosa assolutamente sbagliata… C’è chi si è arrampicato sull’albero, che nel linguaggio dell’orso vuol dire “giochiamo”!”

Cosa risponderebbe a chi afferma che l’orso, prima della reintroduzione, fosse scomparso da cento anni o più?

“L’orso ha convissuto con l’uomo per migliaia di anni. Dal 1800 in poi, a causa del miglioramento delle armi da fuoco e delle alettanti taglie e ricompense che venivano elargite dal governo austriaco a chi uccideva l’orso, oltre che per l’eccessivo utilizzo e sfruttamento dei boschi, l’orso ha iniziato la sua graduale scomparsa.

Per una famiglia di allora, la perdita di un solo capo di bestiame, predato dall’orso, era un fatto grave e poteva voler dire “fame”. Questo accanimento contro l’orso poteva allora essere giustificato, ma certamente anche ai tempi veniva enfatizzato. Basta pensare che il cacciatore di orsi godeva nei paesi di grande stima ed ammirazione.

A causa delle continue persecuzioni e probabilmente anche a causa di problematiche genetiche legate alla consanguineità, negli anni 70 del secolo scorso erano rimasti solamente circa 10-12 orsi. Vent’anni dopo, negli anni ’90, solo due vecchi maschi e la popolazione poteva perciò considerarsi estinta.”

 

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Trentino e Slovenia, c’è l’alleanza sul tema della gestione dei grandi carnivori https://www.lavocedeltrentino.it/2024/08/31/trentino-e-slovenia-ce-lalleanza-sul-tema-della-gestione-dei-grandi-carnivori/ Sat, 31 Aug 2024 08:22:24 +0000 https://www.lavocedeltrentino.it/?p=477237 Trentino e Slovenia, c’è l’alleanza sul tema della gestione dei grandi carnivori

Da quasi 50 anni il Trentino adotta misure di prevenzione, gestione e risarcimento dei danni causati dai grandi carnivori, un percorso iniziato nel 1976 quando la Provincia autonoma di Trento assunse la gestione degli ultimi orsi autoctoni. Le competenze e le pratiche sviluppate sul campo dal Corpo forestale trentino, in collaborazione con il Servizio Faunistico […]

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Trentino e Slovenia, c’è l’alleanza sul tema della gestione dei grandi carnivori

Da quasi 50 anni il Trentino adotta misure di prevenzione, gestione e risarcimento dei danni causati dai grandi carnivori, un percorso iniziato nel 1976 quando la Provincia autonoma di Trento assunse la gestione degli ultimi orsi autoctoni. Le competenze e le pratiche sviluppate sul campo dal Corpo forestale trentino, in collaborazione con il Servizio Faunistico e il Servizio Foreste della Provincia, hanno suscitato l’interesse di una delegazione slovena, che ieri ha concluso una visita tecnica in Trentino.

Il gruppo, composto da rappresentanti del Ministero dell’Agricoltura sloveno, del Servizio Foreste, della Camera di commercio e dell’associazione allevatori, ha avuto l’obiettivo di apprendere le buone pratiche per la custodia del bestiame in alpeggio e promuovere la presenza del personale in quota tramite la realizzazione di bivacchi.

La convivenza con i grandi carnivori richiede agli operatori l’adozione di misure preventive per ridurre i danni, un ambito in cui l’Amministrazione provinciale è fortemente impegnata, sia con finanziamenti che tramite il comodato gratuito o il prestito, a seconda delle strategie adottate. Oggi, il lavoro di pastori e allevatori è reso più complesso dalla presenza di questi animali, rendendo il supporto pubblico alla prevenzione fondamentale, seppur facoltativo.

Tra le principali misure di difesa ci sono reti e recinzioni elettrificate, cani da guardiania e presìdi dedicati ai pastori, strumenti su cui il personale sloveno ha potuto confrontarsi. Questi interventi, spiegano i tecnici provinciali, contribuiscono a proteggere il bestiame e a sostenere le attività agricole.

La delegazione slovena ha avuto un confronto tecnico con il personale del Corpo forestale trentino e la Federazione Allevatori, partecipando a sopralluoghi sul campo in Lessinia e sulle montagne di San Lorenzo in Banale per valutare l’efficacia delle misure di gestione e prevenzione dei danni negli allevamenti di bovini e ovicaprini.

La collaborazione tra la Provincia autonoma di Trento e la Slovenia ha radici profonde, come dimostra l’adozione del modello trentino di trappola a tubo da parte di Lubiana. Incontri come quello appena concluso rafforzano questa alleanza, e a ottobre sarà il personale trentino a visitare le foreste slovene per un sopralluogo con i tecnici locali.

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Autoveicoli elettrici, estesa la finestra per richiedere il contributo https://www.lavocedeltrentino.it/2024/08/30/autoveicoli-elettrici-estesa-la-finestra-per-richiedere-il-contributo/ Fri, 30 Aug 2024 12:43:55 +0000 https://www.lavocedeltrentino.it/?p=477131 Autoveicoli elettrici, estesa la finestra per richiedere il contributo

La Giunta provinciale ha esteso l’accesso all’agevolazione per l’acquisto di veicoli elettrici anche a chi immatricolerà il veicolo oltre il termine del 18 giugno 2024, fissato in precedenza. Questa estensione, proposta dall’assessore Mattia Gottardi, riguarda i cittadini che, entro il 18 giugno 2024, abbiano già firmato un contratto d’acquisto controfirmato dal concessionario e versato un […]

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Autoveicoli elettrici, estesa la finestra per richiedere il contributo

La Giunta provinciale ha esteso l’accesso all’agevolazione per l’acquisto di veicoli elettrici anche a chi immatricolerà il veicolo oltre il termine del 18 giugno 2024, fissato in precedenza.

Questa estensione, proposta dall’assessore Mattia Gottardi, riguarda i cittadini che, entro il 18 giugno 2024, abbiano già firmato un contratto d’acquisto controfirmato dal concessionario e versato un acconto tramite transazione bancaria o postale.

L’obiettivo è tutelare chi ha già avviato l’acquisto contando sull’agevolazione, ma non è riuscito a immatricolare il veicolo in tempo.

Ora, i veicoli immatricolati entro il 31 dicembre 2024 potranno comunque beneficiare dell’agevolazione, purché il contratto e l’acconto siano stati completati entro il 18 giugno.

Le domande possono essere presentate fino al 31 marzo 2025 tramite la piattaforma informatica “Stanza del Cittadino”.

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Grandi carnivori, Fondazione Mach in campo per la genetica https://www.lavocedeltrentino.it/2024/08/30/grandi-carnivori-fondazione-mach-in-campo-per-la-genetica/ Fri, 30 Aug 2024 12:39:18 +0000 https://www.lavocedeltrentino.it/?p=477128 Grandi carnivori, Fondazione Mach in campo per la genetica

Confermata la collaborazione con il Servizio Faunistico anche per la trota marmorata

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Grandi carnivori, Fondazione Mach in campo per la genetica

La collaborazione tra la Fondazione Edmund Mach (FEM) e il Servizio Faunistico della Provincia di Trento prosegue, con un focus sul monitoraggio genetico dei grandi carnivori e sulla conservazione della trota marmorata nelle acque provinciali.

La Giunta ha approvato una delibera, firmata dagli assessori Achille Spinelli e Roberto Failoni, che integra i piani di attività e finanziamento della FEM, per un totale di 71.650 euro.

La gestione degli orsi e dei lupi è considerata cruciale, non solo per la sicurezza pubblica ma anche per la conservazione della fauna.

La collaborazione con FEM permette di analizzare campioni organici di lupi e orsi, aiutando a identificare gli esemplari presenti e a stimare le popolazioni, oltre a individuare eventuali animali problematici. Questi dati sono fondamentali per le decisioni gestionali della Provincia.

In parallelo, le analisi genetiche della trota marmorata sono essenziali per monitorare il suo stato di conservazione nelle acque trentine. I campioni per queste analisi verranno raccolti principalmente tra ottobre e dicembre.

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Inondazioni in Yemen e Sudan: morti, dispersi e rischio colera https://www.lavocedeltrentino.it/2024/08/30/inondazioni-in-yemen-e-sudan-morti-dispersi-e-rischio-colera/ Fri, 30 Aug 2024 04:51:26 +0000 https://www.lavocedeltrentino.it/?p=476995 Inondazioni in Yemen e Sudan: morti, dispersi e rischio colera

Inondazioni in Yemen e Sudan: crollano dighe, molti i morti e i dispersi e in aumento il rischio di un’epidemia di colera Il cambiamento climatico sta aumentando la frequenza e l’intensità delle piogge stagionali sugli altipiani yemeniti. Le inondazioni hanno colpito al-Mahwit, una provincia a ovest della capitale Sanaa. L’innalzamento del livello delle acque ha travolto […]

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Inondazioni in Yemen e Sudan: morti, dispersi e rischio colera

Inondazioni in Yemen e Sudan: crollano dighe, molti i morti e i dispersi e in aumento il rischio di un’epidemia di colera

Il cambiamento climatico sta aumentando la frequenza e l’intensità delle piogge stagionali sugli altipiani yemeniti. Le inondazioni hanno colpito al-Mahwit, una provincia a ovest della capitale Sanaa.

L’innalzamento del livello delle acque ha travolto le auto, bloccato le strade e causato il crollo di tre dighe nella provincia.

La TV locale Al Masirah ha riferito che sono state inviate numerose ambulanze dalle zone limitrofe di al-Mahwit e dalla provincia di Hodeidah per supportare le operazioni di soccorso. Almeno 24 persone risultano finora disperse.

Le montagne dello Yemen occidentale sono soggette a forti piogge stagionali. Da fine luglio, le inondazioni improvvise hanno ucciso 60 persone e ne hanno colpite 268.000, secondo le Nazioni Unite.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha avvertito che nei prossimi mesi si prevede un aumento ulteriore delle precipitazioni, negli altopiani centrali, le aree costiere del Mar Rosso e nelle parti degli altopiani meridionali, le quali dovrebbero ricevere livelli senza precedenti superiori a 300 mm.

Nello Yemen occidentale si sono riscontrati casi sospetti di colera, inoltre le piogge e le inondazioni sollevano il timore di una grave epidemia dovuta all’acqua contaminata.

Le infrastrutture mediche chiedono aiuto poiché un decennio di guerre civili le ha lasciate povere e incapaci di affrontare questa grave crisi umanitaria.

La situazione è altrettanto preoccupante in Sudan dove le acque impetuose hanno causato la rottura della diga di Arbaat, situata 40 km a nord di Port Sudan, di fatto la capitale nazionale e base del governo, spazzando via almeno 20 villaggi e provocando la morte di almeno 30 persone, devastando una regione già sconvolta da mesi di guerra civile.

Le abitazioni di circa 50.000 persone sono state colpite dalle inondazioni e innumerevoli sono gli sfollati, ha affermato l’ONU, sollecitando infine il supporto degli aiuti umanitari internazionali di cui questi due Paesi hanno adesso tanto bisogno.

Si spera in un intervento tempestivo e in un calo delle precipitazioni nei prossimi giorni.

A cura di Mara Beltramolli

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Ragno Violino, ecco la mappa interattiva per capire dove vive in Italia https://www.lavocedeltrentino.it/2024/08/29/ragno-violino-ecco-la-mappa-interattiva-per-capire-dove-vive-in-italia/ Thu, 29 Aug 2024 13:38:45 +0000 https://www.lavocedeltrentino.it/?p=476937 Ragno Violino, ecco la mappa interattiva per capire dove vive in Italia

Cresce l’allarme per il ragno violino, in seguito ai recenti casi di morsi, che hanno suscitato preoccupazione tra la popolazione. Particolarmente drammatica è la vicenda di Giuseppe Russo, un giovane di 23 anni di Collepasso, in provincia di Lecce, che ha perso la vita dopo essere stato morso dall’aracnide. Questo episodio ha alimentato una vera […]

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Ragno Violino, ecco la mappa interattiva per capire dove vive in Italia

Cresce l’allarme per il ragno violino, in seguito ai recenti casi di morsi, che hanno suscitato preoccupazione tra la popolazione.

Particolarmente drammatica è la vicenda di Giuseppe Russo, un giovane di 23 anni di Collepasso, in provincia di Lecce, che ha perso la vita dopo essere stato morso dall’aracnide. Questo episodio ha alimentato una vera e propria psicosi, tanto che all’ospedale Cardarelli di Napoli, sede del Centro Antiveleni del Sud, arrivano oltre 20 telefonate al giorno.

Parallelamente, sul web è apparsa una mappa interattiva che mostra le aree in cui il ragno violino, o Loxosceles Rufescens, è più diffuso. Questa specie, una delle 1600 presenti in Italia, è tra le più pericolose insieme alla malmignatta, nota anche come vedova nera mediterranea.

Nonostante il morso del ragno violino sia indolore, le conseguenze possono manifestarsi rapidamente e, in assenza di un intervento tempestivo, possono essere gravi.

Solitamente il morso provoca un semplice arrossamento, ma in alcuni casi può evolversi in lesioni ulcerose difficili da guarire a causa della citossina, portando a complicazioni particolarmente pericolose per le persone con un sistema immunitario compromesso o affette da patologie come il diabete.

Dopo il tragico evento, il timore di incontrare il ragno violino si è diffuso ampiamente. La mappa interattiva (vedi sotto) disponibile sul sito Aracnofilia, basata su segnalazioni raccolte dal 2020, mostra chiaramente come questo aracnide si sia ormai stabilito in gran parte del territorio italiano, comprese le grandi città e i piccoli centri.

Il ragno violino è presente ovunque, dalle zone costiere a quelle montuose, rendendo difficile individuare aree completamente sicure.

Per prevenire inutili allarmismi, è utile imparare a riconoscere il Loxosceles Rufescens. Questo ragno è di piccole dimensioni, solitamente non supera i 4-5 cm (zampe incluse), ha un colore marrone-giallastro e presenta una macchia sulla schiena che ricorda la forma di un violino.

A differenza di molti altri ragni, possiede sei occhi invece di otto. Non è un animale aggressivo e tende a fuggire se minacciato.

Molti dei suoi morsi sono di avvertimento e non contengono veleno. Tuttavia, è importante mantenere la prudenza e, in caso di sospetto morso, recarsi immediatamente al pronto soccorso.

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Montagna e turismo, ieri e oggi a confronto: «il meteo, in montagna, può fare la differenza tra la vita e la morte» https://www.lavocedeltrentino.it/2024/08/29/montagna-e-turismo-ieri-e-oggi-a-confronto-il-meteo-in-montagna-puo-fare-la-differenza-tra-la-vita-e-la-morte/ Thu, 29 Aug 2024 09:45:42 +0000 https://www.lavocedeltrentino.it/?p=476872 Montagna e turismo, ieri e oggi a confronto: «il meteo, in montagna, può fare la differenza tra la vita e la morte»

Il racconto di una disavventura in montagna dei primi anni '80

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Montagna e turismo, ieri e oggi a confronto: «il meteo, in montagna, può fare la differenza tra la vita e la morte»

L’episodio del turista in ciabatte su una ferrata (QUI link) ha dato inizio (ma forse sarebbe più corretto dire “un proseguo”) al dibattito parecchio acceso riguardo alla sicurezza, alla preparazione e all’incoscienza attuale di molti nel recarsi in montagna senza la dovuta serietà.

Una delle domande che ci si può porre è, ad esempio: com’era vissuta la montagna, magari nei primi anni ’80 o comunque in un passato neanche troppo lontano? Che cosa è cambiato?

È chiaro e scontato che con l’avvento e lo sviluppo dei social, tutto sembra più “vicino” o “alla portata” (basti pensare ai video sui social di file infinite di turisti che “prendono d’assalto” la montagna ed i rifugi nei periodi di vacanze). Ma non c’è nulla di più sbagliato. La montagna non perdona e va vissuta con il giusto rispetto e con la giusta preparazione.

Una storia che può far riflettere ce l’ha raccontata Francesca Sandre, una turista affezionata del Trentino Alto-Adige, che dopo aver postato su un gruppo Facebook della Val di Fassa quanto le è accaduto nei primi anni ’80, ci ha dato l’occasione per elaborare qualche pensiero sui cambiamenti del turismo e la leggerezza con cui troppe persone si avventurano in montagna.

Prima di lasciare spazio alla sua storia, ci sono alcune considerazioni da fare. Come Francesca – che tra l’altro in Val di Fassa ci va ancora al giorno d’oggi – ci ha raccontato poi al telefono «Era un altro mondo e in montagna saliva chi ci sapeva andare, sempre con molta cura, con molta attenzione di quello che si faceva. Non è che si improvvisava.

Ci tenevo a sottolineare che noi, in quella situazione, erano i primi anni ’80, non abbiamo chiamato nessun soccorso ma perché non c’erano telefonini con cui chiamare! Ci sarebbe stato tutto il bisogno di un soccorso, ma non c’era modo di chiamare e ci si doveva arrangiare in quelle situazioni.» Sicuramente un’altro tipo di mondo, ormai “lontano” per i giovanissimi di oggi, ma che deve anche far riflettere.

In quei tempi si controllava il meteo prima di partire, si organizzavano le uscite con cura e attenzione nei minimi dettagli. Non c’erano cellulari, app o orologi con gli aggiornamenti, con la sicurezza di qualcuno da chiamare nel caso di necessità.

Non si sarebbe mai improvvisata un’avventura in ciabatte su una ferrata, giusto per ricollegarci al dibattito a cui si accennava prima. Era un mondo che certamente si contrappone al presente attuale, non c’è neanche bisogno di ripeterlo.

Ma ecco a seguire la sua storia, come riportata sui social:

“Quando arriva un temporale a casa mia c’è il coprifuoco. Tutti ci ridono su e ci prendono un po’ in giro, ma pochi sanno che dietro a questa paura di fulmini e saette c’è una storia successa per davvero che spiega molto di quella che può sembrare un’eccessiva reazione.

Era una mattina di luglio in Val di Fassa, precisamente a Soraga. Avevamo stabilito che quel giorno saremmo saliti al rifugio Principe e poi, attraverso la ferratina, saremmo arrivati sulla cima del Catinaccio d’Antermoia per ritornare al Principe, attraverso il Passo d’Antermoia, un giro ad anello non difficile, ma lungo. Siamo arrivati al rifugio e il tempo cominciava a cambiare, solo che a nessuno andava di ritornare indietro. Eravamo in sei ma Franco, mio cognato, si è accorto che non aveva gli scarponi, quindi ha rinunciato.

Arrivati in cima già eravamo avvolti da nuvole nere e, toccando la croce di ferro, scaturivano scintille. Così abbiamo deciso di scendere quanto prima… Anche in discesa c’era la ferrata, perciò era impossibile procedere velocemente. A 50 metri dalla cima è scoppiato il finimondo: fulmini, saette, grandine. Abbiamo deciso di ripararci in un anfratto molto modesto nella roccia.

Ci siamo tolti moschettoni e oggetti di metallo e, mentre noi ragazze ci riparavamo, Elio, che non ci entrava, stava più all’esterno. Improvvisamente, mentre parlavo con Roberta, mi son sentita buttata a terra, mentre una gran forza mi teneva schiacciata, intorno a me un rimbombo forte e un dolore che mi attraversava.

Ho pensato di avere un malore, non capivo… poi mi son tirata su e non era bello quello che mi circondava: panico, braccia fumanti, urla, pianti, ma soprattutto Roberta con labbra blu e occhi fissi nel vuoto, non parlava, stava distesa, non reagiva, (lei ci raccontò in seguito che si sentiva precipitare verso l’abisso).

Eravamo sotto choc e doloranti, faceva freddo e il temporale continuava. Elio, che era quasi uscito indenne dalla scossa, decise che dovevamo scendere quei 600 metri di parete ghiacciata senza sicurezza, perché continuavano i tuoni e i fulmini, faceva molto freddo, e non avremmo resistito per un tempo lungo in quella situazione. Si caricò sulle spalle mia cognata e cominciammo ad andar giù.

Ricordo che si scivolava sulla roccia bagnata di pioggia ghiacciata e le mani diventavano insensibili, mancando la presa. Siamo arrivati alla base del Catinaccio in qualche modo, per poi risalire al passo e ridiscendere verso il rifugio. Quando abbiamo visto il rifugio ci siamo messe a piangere io e Lella, nonostante fossimo ancora sotto una pioggia torrenziale, ma la salvezza era a portata di mano.

Al Principe ci siamo presi una lavata di capo dai gestori perché non si sale con tempo incerto su un 3000. Poi hanno chiamato il soccorso per chi stava più male. Roberta si è ripresa lentamente, ci son voluti tanti giorni. Braccia e inguine erano cosparsi di capillari dilatati, tutti avevamo nausea, mal di testa e peli bruciacchiati, ma eravamo in piedi.

Dopo alcuni giorni mia mamma, che non sapeva dell’accaduto, è venuta a casa mia e mi ha chiesto cosa fosse quell’odore di zolfo: ci è rimasto addosso per un po’ l’odore, la paura per sempre! P.S. il meteo, in montagna, può fare la differenza fra la vita e la morte!”

Insomma, una disavventura che sarebbe potuta finire molto male, ma che certamente ha insegnato a un gruppo di ragazzi non proprio inesperti che la montagna sa essere sì bellissima ma anche estremamente severa se presa anche solo con un minimo accenno di leggerezza.

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MICO-weekend: due giorni nel regno dei funghi https://www.lavocedeltrentino.it/2024/08/28/mico-weekend-due-giorni-nel-regno-dei-funghi/ Wed, 28 Aug 2024 09:39:22 +0000 https://www.lavocedeltrentino.it/?p=476723 MICO-weekend: due giorni nel regno dei funghi

Sabato 31 agosto 2024, dalle 9 alle 18, e domenica 1 settembre 2024, dalle 9 alle 17 al Giardino Botanico Alpino, Viote del Monte Bondone

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MICO-weekend: due giorni nel regno dei funghi

Porcini, finferli e mazze tamburo sono i più conosciuti e ricercati, ma non esistono solo loro: si stima che oltre il 90% delle specie fungine sia ancora da scoprire.

Il misterioso regno dei funghi sarà protagonista sabato 31 agosto e domenica 1 settembre di “MICO-weekend”, una due giorni in cui il Giardino Botanico Alpino alle Viote del Monte Bondone si animerà con mostre, laboratori ed escursioni micologiche.

Tra le novità, la partecipazione del collettivo Mycosium, che racconterà le invisibili relazioni tra i funghi e gli altri organismi tramite la tecnica del carotaggio, e di Guà Farm, azienda trentina che si è lanciata nella coltivazione “orientale” dei funghi shiitake.

Alla sua ventesima edizione, invece, la mostra curata dallo storico Gruppo Micologico “Bresadola” di Trento, assieme al quale il MUSE lancerà un nuovo progetto di Citizen Science sui funghi del Trentino.

Al via anche il censimento dei funghi d’Italia in collaborazione con ISPRA: il MUSE è partner del Network per lo studio della diversità micologica (ndm) con cui collabora per il monitoraggio nazionale.

Un fine settimana tutto dedicato al regno dei funghi e alla vita sotterranea, dove imparare a riconoscere le principali specie presenti nei prati e nei boschi, la loro ecologia ed evoluzione.

Come spiega Helen Catherine Wiesinger, botanica MUSE e responsabile del Giardino Botanico Alpino Viote, “a causa della loro vita per la maggior parte sotterranea, i funghi sono organismi enigmatici che per lungo tempo sono stati trascurati dalla scienza: si stima che oltre il 90% delle specie siano ancora da scoprire. La nuova frontiera della ricerca sulla biodiversità è proprio quella di ampliare la conoscenza dei funghi e il MUSE, con la sede territoriale del Giardino Botanico Alpino Viote, promuove occasioni di divulgazione e approfondimento”.

IL PROGRAMMA

SABATO 31 AGOSTO alle 9 si inizia con l’apertura della mostra micologica a cura del Gruppo Micologico “Bresadola” di Trento, che accompagnerà il pubblico alla scoperta della biodiversità delle principali specie fungine del territorio.

L’iniziativa, arrivata alla ventesima edizione, quest’anno si arricchirà di alcuni reperti provenienti dalle collezioni scientifiche MUSE, tra cui parte del fungarium, la raccolta di reperti fungini del museo (oltre 13.000 campioni). Con l’occasione il MUSE, che è partner del Network per lo studio della diversità micologica (ndm) promosso da ISPRA, e il Gruppo “Bresadola” lanceranno un nuovo progetto collettivo di Citizen Science per un monitoraggio dei funghi in Trentino.

Il progetto punta a coinvolgere cittadine e cittadini che frequentano i boschi del territorio con l’obiettivo di ampliare le conoscenze dei funghi locali.

Alle 9.30 partirà l’escursione micologica “Tra i funghi del Bondone” (3 euro, prenotazione consigliata al 0461.948050), mentre dalle 10, a ciclo continuo, sarà attivo il laboratorio per bambine/i “A caccia di spore e miceli” per scoprire l’affascinante regno dei funghi attraverso esperimenti, osservazioni al microscopio e piccoli giochi.

Alle 11 e alle 15 il collettivo Mycosium con Jacopo Vujovic, ricercatore presso il laboratorio di micologia e botanica applicata dell’Università di Bologna, approfondirà gli studi condotti nel sottosuolo tramite la tecnica del carotaggio. L’obiettivo è quello di osservare e comprendere meglio l’intimo quanto cruciale legame tra i funghi e gli organismi vegetali.

Dalle 15 alle 18, invece, spazio alla coltivazione del fungo shiitake, di origine asiatica, con l’azienda agricola Guà Farm: visitatrici e visitatori potranno osservare da vicino la fase di inoculo del fungo Shiitake (Lentinula edodes) su tronchi di carpino nero (Ostrya carpinifolia).

DOMENICA 1 SETTEMBRE, oltre alla mostra micologica, ai laboratori per famiglie e all’escursione micologica, prenderà il via il workshop “Dipingere i funghi”, a cura della disegnatrice Cinzia Ester (su iscrizionequi, posti limitati).

Infine, nel pomeriggio, in tre turni (con partenza alle 14, 15 o 16), si terrà l’incontro “A tu per tu con i funghi”, dove Marco Donini, presidente del Gruppo Micologico Bresadola di Trento, accompagnerà il pubblico alla scoperta delle tre grandi famiglie di funghi comuni presenti nei boschi trentini: Russulaceae, Boletaceae e Amanitaceae.

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In Marmolada da oltre 50 giorni il termometro è sopra lo zero https://www.lavocedeltrentino.it/2024/08/27/in-marmolada-da-oltre-50-giorni-il-termometro-e-sopra-lo-zero/ Tue, 27 Aug 2024 05:08:34 +0000 https://www.lavocedeltrentino.it/?p=476478 In Marmolada da oltre 50 giorni il termometro è sopra lo zero

L’estate 2024 si sta rivelando disastrosa per la Marmolada e il suo ghiacciaio. Da ben 52 giorni consecutivi, le temperature sulla vetta del massiccio, tra Veneto e Trentino Alto Adige, non sono mai scese sotto lo zero. L’ultima rilevazione negativa, -0,9°C, risale al 5 luglio a Punta Penia (3.343 metri). Flavio Tolin, responsabile dell’associazione M3V […]

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In Marmolada da oltre 50 giorni il termometro è sopra lo zero

L’estate 2024 si sta rivelando disastrosa per la Marmolada e il suo ghiacciaio.

Da ben 52 giorni consecutivi, le temperature sulla vetta del massiccio, tra Veneto e Trentino Alto Adige, non sono mai scese sotto lo zero. L’ultima rilevazione negativa, -0,9°C, risale al 5 luglio a Punta Penia (3.343 metri).

Flavio Tolin, responsabile dell’associazione M3V Odv e del progetto ‘dolomitimeteo.it’, ha analizzato i dati meteo della zona, segnalando che, sebbene in alcune giornate la temperatura si sia avvicinata allo zero, non è mai scesa al di sotto di questa soglia.

Inoltre, riporta l’ansa, le previsioni indicano che lo zero termico rimarrà sopra i 4.000 metri per almeno un’altra settimana, aggravando ulteriormente la situazione.

La situazione del 2024 è persino peggiore rispetto all’estate precedente, quando il 28 agosto si registrò una minima di -1,6°C e una massima di +3,8°C. Ancora più drastici i dati del 7 agosto 2023, con una minima di -7,9°C.

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In ciabatte sulla ferrata: come mettere a rischio la propria vita e quella degli altri https://www.lavocedeltrentino.it/2024/08/26/in-ciabatte-sulla-ferrata-come-mettere-a-rischio-la-propria-vita-e-quella-degli-altri/ Mon, 26 Aug 2024 06:55:10 +0000 https://www.lavocedeltrentino.it/?p=476305 In ciabatte sulla ferrata: come mettere a rischio la propria vita e quella degli altri

Il video pubblicato da una guida alpina su Facebook è diventato virale sui social e a ragion veduta: nella clip si vede infatti un turista impegnato su una ferrata con ai piedi un paio di ciabatte. Il video, girato in Germania (QUI link video) ha riaperto un dibattito sulla sicurezza e sull’irresponsabilità con cui molti […]

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In ciabatte sulla ferrata: come mettere a rischio la propria vita e quella degli altri

Il video pubblicato da una guida alpina su Facebook è diventato virale sui social e a ragion veduta: nella clip si vede infatti un turista impegnato su una ferrata con ai piedi un paio di ciabatte.

Il video, girato in Germania (QUI link video) ha riaperto un dibattito sulla sicurezza e sull’irresponsabilità con cui molti turisti si recano in montagna, mettendo anche a rischio la vita degli altri e dei soccorsi.

Cosa succederebbe se la ciabatta scivolasse e finisse in testa a qualcuno che sta sotto? Meglio non pensarci. Così come è meglio non pensare a cosa potrebbe succedere se la persona in questione scivolasse mentre si trova sulla ferrata.

Di turisti irresponsabili, però, se ne è parlato molto: due mesi fa circa, una coppia si era recata su di una ferrata con i bimbi piccoli (QUI link).

Il fatto aveva subito suscitato un certo clamore, anche se non è raro vedere – purtroppo – in montagna persone non vestite in modo adeguato (vedi anche solo per esempio quanto avvenuto qualche anno fa a Udine o in Trentino (QUI link 1QUI link 2 – QUI link 3)

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