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Con la montagna nel cuore: un focus sulla professione di guida alpina

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L’intervista a Mauro Fronza e Massimo Faletti.

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Nell'immagine, le guide alpine Massimo Faletti (a sinistra) e Mauro Fronza (a destra)
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Con il termine guida alpina si fa riferimento al professionista della montagna formato e abilitato ad accompagnare e ad insegnare le varie attività che si possono praticare in alta quota.

Si tratta di un mestiere molto antico che risale circa alla fine dell’800 e che ha come obiettivo quello di portare la gente a conoscere il patrimonio della natura. Per questo vien considerato un lavoro di tipo intellettuale.

A parlarci della professione sono due alpinisti e istruttori trentini, Mauro Fronza, guida alpina da più di trent’anni e Massimo Faletti.

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Massimo, Mauro, cosa vi ha spinto ad intraprendere questo percorso?

Mauro: “In montagna ci sono sempre andato fin da bambino in compagnia di mio padre. Il fattore scatenante però è stato un documentario fatto di diapositive visto al vecchio Cinema Dolomiti. Sono rimasto affascinato dagli scalatori con i pantaloni larghi e mi sono semplicemente lasciato ispirare.”

Massimo:Sono cresciuto in una famiglia di montanari, per cui l’esempio lo ho sempre avuto davanti agli occhi. Papà Narciso e zio Giorgio sono sicuramente stati la mia fonte di ispirazione.”

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Massimo, come si diventa guida alpina?

Massimo:In primo luogo, gli aspiranti vengono sottoposti ad una selezione teorica e pratica. Ciascuno di loro deve presentare il proprio curriculum alpinistico nel quale devono essere presenti determinate escursioni. Vi è una prova scritta che verte sulle caratteristiche geologiche, ambientali e botaniche della zona di interesse e una serie di prove pratiche volte a testare le abilità individuali nei campi in cui il futuro professionista andrà ad operare.

Ogni candidato deve infatti essere in grado di arrampicare in diversi contesti rocciosi, avere una certa dimestichezza con gli sci d’alpinismo, essere capace di scalare una cascata di ghiaccio e saper usare ramponi e piccozza.

Una volta superate le prime selezioni sono previsti 120 giorni di corso spalmati in circa un anno e mezzo e dopo altri due anni, superati gli esami finali, si diventa ufficialmente guida alpina internazionale.”

Mauro, durante la tua carriera hai notato dei cambiamenti nel praticare la professione?

Mauro:Negli anni c’è stato un notevole aumento del lavoro. Grazie all’utilizzo dei social e con un pizzico di capacità imprenditoriale, un professionista può riuscire a vivere praticando soltanto questo mestiere. Il segreto sta nell’impiego di buone strategie di marketing.”

Quanto ha inciso il cambiamento climatico sulle escursioni alpinistiche?

Mauro:Negli ultimi anni vi è stato un forte cambiamento nell’alta montagna, in particolare a livello climatico. Le temperature sono aumentate molto anche a quote superiori a 3000 metri e ciò sta comportando il discioglimento di molti ghiacciai, con conseguenti frane.

Prima di intraprendere un’escursione è sempre bene informarsi sulle condizioni meteo, sulla presenza di neve lungo i vari versanti e quindi consultare attentamente il bollettino valanghe. Il CAI e le guide alpine organizzano a tal proposito diversi corsi… iscrivetevi!”

Il vostro è un mestiere pericoloso?

Massimo:Tutto è pericoloso se non lo si affronta nella maniera corretta. Il compito della guida alpina è quello di ridurre i rischi, grazie alla competenza e alla conoscenza con cui svolge il proprio mestiere, ma di sicuro non può eliminarli del tutto. Il nostro è un lavoro rischioso e la responsabilità che ci assumiamo dovrebbe valere il costo della parcella.”

Mauro:Valutare tutto quanto è effettivamente impossibile e sfortunatamente gravi incidenti sono successi anche a persone esperte. In montagna, come altrove, c’è sempre una parte di rischio residuo e l’unico modo per eliminarla è starsene a casa sul divano.”

Negli ultimi tempi lungo i sentieri si trovano sempre più persone con scarse abilità fisiche dotati di attrezzatura inadeguata: cosa ne pensate da esperti professionisti?

Massimo:Il fenomeno della sottovalutazione del rischio in montagna è aumentato paurosamente da quando è terminata la pandemia. Molte persone vogliono far escursioni e magari si procurano anche attrezzature costose, ma non sempre sono in grado di utilizzarle.

Da istruttore e amante dell’arrampicata, posso dire con tristezza che sono poche le falesie in Italia ad essere omologate. Ciò significa che i chiodi sono spesso messi da amatori e quindi non è detto che la loro posizione sia corretta. Potenzialmente, quindi, anche l’arrampicata sportiva potrebbe diventare pericolosa. È solo la conoscenza che aiuta ad evitare spiacevoli situazioni.”

Mauro:Di stupidaggini in montagna ne ho viste diverse, ma ho notato con estremo piacere che nella gente vi è anche tanta volontà di imparare. Ultimamente vedo i corsi delle scuole di alpinismo sempre pieni e, oltre a ciò, il CAI e il Soccorso Alpino stanno portando avanti un’importante campagna di sensibilizzazione sull’approccio in montagna.”

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