Cambia l’Italia, ma non la settimana di Ferragosto

Da anni ormai Ferragosto è diventato sinonimo di vacanze  vere e proprie o di ritorno a casa come facevano negli anni sessanta gli emigrati meridionali.

Sono cambiati i costumi: non si vedono più i portapacchi stracolmi  suo tetti delle utilitarie con i bagagli legati con delle corde; le abitudini: anni fa la serrata delle fabbriche del nord  iniziava in modo canonico il 15 agosto, mentre oggi quella data fa spesso parte di un periodo di ferie.

Ormai le vacanze sono spalmate sull’arco dell’anno, ma partire il 15 agosto è rimasto un must anche perché ormai è una data entrata nel nostro DNA. Istituita nel 18 a. C. il nome deriva da una locuzione latina, Feriae Augusti, e fu istituita dall’Imperatore Augusto per festeggiare la fine dei lavori nei campi.

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La Chiesa ha poi cercato di convertire senza troppo successo, la festa laica in religiosa, ma Ferragosto è rimasto per il mondo agricolo un momento di riposo dopo la mietitura del grano di luglio e prima delle vendemmie e delle semine di settembre.

Col boom economico erano le industrie a chiudere, le ferrovie istituivano treni straordinari verso il sud, allora come oggi bollino rosso in autostrada e città semi chiuse per ferie.

Oggi? Molto è cambiato, ma nella settimana di ferragosto si respira aria di vacanze anche restando in città. Saranno i social che ci inondano di foto di località turistiche, di tavole bandite all’inverosimile e di abbronzature talmente perfette da lasciare il dubbio che nascano più dai filtri che dal sole reale, ma la tradizione non molla.

Ci si mette ovunque in coda: al ristorante, in strada, in gelateria, ma nella settimana di Ferragosto ci si deve muovere. Per forza.

Perché? Non c’è risposta perché basterebbe aspettare o anticipare di qualche giorno per avere prezzi e servizi migliori, cosa che la gente si ripromette di fare, ma che poi dimentica da sempre nella seconda decade di agosto. 

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