La Voce della FAI CISL
«Made in Immigritaly. Terre, colture, culture»: presentato oggi a Trento il primo rapporto nazionale

Presentato stamani presso il palazzo della regione il libro «Made in Immigritaly. Terre, colture, culture» il primo rapporto nazionale, curato dal Centro Studi Confronti e commissionato dalla Fai-Cisl, che studia e mette in luce l’apporto del lavoro immigrato nel settore agroalimentare italiano, comparto strategico della produzione made in Italy per la sua eccellenza riconosciuta a livello internazionale.
In agricoltura, gli stranieri occupati nel settore, stando ai dati ufficiali, all’inizio del 2023 in Italia sono quasi 362.000, più di un terzo del totale dei lavoratori, oltre a quanti sono impiegati nell’industria alimentare. Eppure di questa realtà si parla raramente, se non in termini di sfruttamento e precarietà.
Il primo intervento è toccato alla segretaria della Fai Cisl Trentino Katia Negri, (nella foto, unica segretaria donna della Cisl) che ha esortito dicendo che la giornata è un momento importante di comunicazione. « Il lavoro degli immigrati nelle filiere dell’agroindustria nazionale rimane in gran parte invisibile o misconosciuto: sono lavoratori essenziali, purtroppo ancora marginali. Nel libro si esaminano i modi in cui il lavoro immigrato viene gestito in diverse aree territoriali e comparti produttivi» – ha aggiunto la segretaria
E ancora: «Quelle dei lavoratori stranieri sono voci che spesso non si sentono, ma è necessario pensare che non ci sono lavoratori di serie A o di serie B, ma semplici lavoratori».
Katia Negri poi ha definito i lavori degli immigrati i lavori delle “cinque P”: pesanti, precari, pericolosi, poco pagati, penalizzati socialmente ricordando che questi lavoratori contribuiscono in modo determinante alla crescita economica e sociale del nostro paese.
«In questa ricerca – ha concluso la segretaria della Fai Cisl Trentino – emergono, oltre alle criticità, i punti di forza, le peculiarità, gli esiti più incoraggianti che sono frutto di meccanismi virtuosi di cooperazione, apprendimento reciproco, integrazione locale. Perché il made in Italy è un made in Immigritaly!»
Più politico invece l’intervento del segretario trentino della Cisl Bezzi che ha invitato la Giunta provinciale a ricominciare a prendere in considerazione l’accoglienza diffusa. «Dobbiamo favorire l’accoglienza, l’integrazione, la coesione e la grande capacità che il popolo trentino ha di fare comunità che negli ultimi anni forse è venuto a mancare» ha detto Bezzi.
Presenti alla conferenza l’assessore del comune Giulia Casonato, Paola Garbari del servizo lavoro della PAT, Stefania Terlizzi dell’agenzia del lavoro e Onofrio Rota segretario nazionale della Fai Cisl che è stato ringraziato per aver scelto Trento come prima tappa di presentazione della ricerca. L’invito era stato esteso anche all’assessora Provinciale Giulia Zanotelli che però ha deciso di non intervenire.
Nel libro vengono riportati numeri e dati relativi all’apporto del lavoro immigrato nel settore agroalimentare, comparto strategico per il made in Italy.
Lo scopo del libro è sollecitare il riconoscimento pubblico, illustrando la misura concreta di quanto l’eccellenza del cibo italiano dipenda dal lavoro di braccianti, mungitori e operai provenienti da molti Paesi del mondo.
E in Trentino? Un capitolo parla anche della nostra regione che Serena Piovesan, Dottore di ricerca in Sociologia e Ricerca sociale, definisce terra dove l’immigrazioone stagionale funzione ancora, ma tra sfide e processi di mutamento.
In Trentino alla fine del 2021 nel settore agricolo risultavano occupate circa 10 mila persone, (il 4,4% del totale degli occupati) che generano un 4% di valore aggiunto provinciale. Sono impiegato per lo più nei settori della vitivinicoltura e frutticoltura. Secondo Istat il Trentino nel 2022 con 9.900 ettari rappresentata il 18% della sueprfice coltivata in Italia.
Dalla ricerca emerge che negli ultimi 10 anni in Trentino i lavoratori con contratto determinato sono cresciuti nel settore di 5.000 unità (da 18.757 a 23,783), e sono il 92% dell’intero comparto. Stabili invece i contratti indeterminati (2.233)
Quasi il 60% dei lavoratori impiegati nel settore agricolo provengono dalla Romania, poi Senegal, Pakistan, Polonia e Albania.
Per concludere il picco delle assunzioni in Trentino arrivano a settembre con circa 12 mila addetti che alla fine di ottobre si trasformano in cessazioni. Secondo i dati inps nel settembre del 2021 si è registrato il numero più elevato di operai agricoli dipendenti a tempo determinato, pari a 18.651 rispetto alla media annuale di 8.100.
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