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Italia ed estero

La crisi dell’auto italiana ed i silenzi della sinistra

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Siamo arrivati all’ assurdo. La Stellantis (ex Fiat) degli Elkann ha qualche giorno fa proposto ad una decina di operai specializzati in cassa integrazione a zero ore di rientrare al lavoro. Non a Torino o almeno in Italia, ma in Polonia. Come a dire che il lavoro c’è, ma all’ estero.

Sulla notizia, si è parlato molto poco su poche testate. Pure il sindacato tace. L’ intera compagine della sinistra non ha aperto bocca. Ed invece io credo che la notizia va data e con enfasi.

In primo luogo perché si tratta di una prepotenza aziendale e conseguentemente di un comportamento a mio dire palesemente antisindacale.

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In secondo luogo perché è un fatto che i marchi storici italiani controllati da Stellantis stianno, anno dopo anno, perdendo quote significative di mercato rispetto ai concorrenti, il che può significare che non ci sia più una politica industriale di lunga visione.

In terzo luogo perché Stellantis ha aperto e apre tutt’ ora stabilimenti in tutto il globo, assumendo migliaia di operai,  e invece li ridimensiona in Italia, ponendo gli parte degli occupati sulle spalle della collettività.

La situazione degli stabilimenti in Italia è presto detta, con le approssimazioni del caso essendo la situazione fluida, mutevole giorno dopo giorno.

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Alla Mirafiori di Torino sono rimasti circa 22.000 occupati, circa la metà di quelli che erano vent’ anni fa, di cui oltre 2.000 in cassa integrazione. In quello stabilimento si produce essenzialmente la 500 elettrica\ibrida, alcune carrozzerie di vari modelli ed una decina di esemplari al giorno di Maserati, ivi trasferita dopo la definitiva chiusura dello stabilimento di Grugliasco.

A Melfi gli attuali occupati sono circa 5.500 di cui un quinto sono in cassa integrazione o messi in trasferta. Vengono ivi prodotti due modelli a marchio Jeep, la Lancia Y, la 550 X, un modello a marchio Opel e un modello a marchio DS.

A Cassino gli attuali occupati sono circa 2700, la metà di qualche anno fa.  Vengono ivi prodotti due modelli a marchio Alfa, la Giulia e la Stelvio, oltre alla Maserati Grecale. Una quota di questi effettua la trasferta principalmente verso Pomigliano.

A Pomigliano gli attuali occupati sono  circa 4.500. Vengono  prodotti la fiat Panda e l’ Alfa Tonale ed la sua versione americana Dodge Hornet. Il mese scorso sono state sospese le linee di produzione di quest’ ultimi modelli a fronte di un aumento della produzione della Panda. Ciò nonostante si sono posti tutti i dipendenti in cassa integrazione per cinque giorni invece puntare tutto sui necessari ricollocamenti interni. E sono stati sospese le trasferte da Melfi e Cassino di circa 1.300 lavoratori che probabilmente verranno posti in cassa integrazione.

Non meglio il settore commerciale in Abruzzo nello stabilimento di Atessa ove vengono prodotti i Ducato e gli omologhi modelli di Peugeot, Citroen e Opel. Qui gli occupati sono circa 6.000 ma la turnazione, il mutamento delle linee di produzione e la collocazione in cassa integrazione  per centinaia di essi alla volta avviene in maniera repentina e secondo l’andamento del mercato.

In controtendenza invece la situazione della Iveco Bolzano  (con succursali a Vittorio Veneto e Piacenza) che conta circa 800 occupati, visto anche il periodo “favorevole” sul piano bellico.

In totale gli assunti da Stellantis in Italia sono circa 42.000 di cui almeno un decimo interessati in procedure di incentivazione all’ esodo, mentre non sono stimabili coloro che sono posti in esubero dopo il periodo di cassa integrazione.

I trasfertisti – foto in evidenza -, cioè quelli che per evitare la cassa integrazione, o peggio, peregrinano da uno stabilimento all’ altro sono circa 2.800. Per ora solo da e verso l’ Italia.

Alla luce di ciò, fa pensare che Stellantis preferisca portare la produzione all’estero, massimizzare il profitto e socializzare le perdite. Nel silenzio di chi dovrebbe invece scendere in piazza e denunciare la situazione.

 a cura di Stefano Sforzellini

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