Riflessioni fra Cronaca e Storia
Quando Hannah Arendt previde la guerra in Isreaele

Per capire cosa accade oggi in Israele può essere utile rileggere la lezione di Hannah Arendt, la filosofa ebrea tedesca che nel 1933, dopo una breve prigionia di 8 giorni, scappò in Francia, dove collaborò con un’organizzazione ebraica che aiutava i bambini ebrei ad emigrare in Palestina (dove si recherà di persona per accompagnarne alcuni).
La Arendt collaborò con il movimento sionista, in particolare con la World Zionist organization. Nel 1941, dopo che i tedeschi avevano occupato la Francia venne internata per qualche tempo, e poi scappò in America, dove si guadagnò da vivere scrivendo e lavorando nell’editoria; nel 1943, dopo 10 anni, lasciò la World Zionist organization; nel 1951 ottenne la cittadinanza americana e nello stesso anno scrisse Le origini del totalitarismo. Nel 1961 seguì il processo ad Eichmann, da cui nascerà La banalità del male. Insegnò nelle università di Princeton, Chicago e New York, città in cui morì nel 1975.
Ebbene la Arendt affrontò per anni il tema dell’antisemitismo, ricordando le sue origini moderne e distinguendolo molto nettamente dall’antigiudaismo medievale. Soprattutto ebbe ad assistere alla nascita di Israele e capì subito che lo stato in cui aveva inizialmente creduto, nasceva con il piede sbagliato, almeno per due motivi.
Il primo, secondo la Arendt, era l’ideologia dei fondatori, che mescolava il socialismo di Golda Meir e Ben Gurion con il nazionalismo, ed ignorava invece del tutto la grande tradizione religiosa biblica (anche perché sia la Meir che Gurion erano atei).
Il secondo motivo era più politico: la Arendt criticava la volontà dei coloni ebrei di non collaborare economicamente e politicamente con gli arabi autoctoni, facendosi forti dell’appoggio europeo e americano.
Un appoggio ingannevole, perché in realtà isolava ulteriormente gli ebrei rispetto al “mare arabo” che li circondava.. Idith Zertal, nel suo Israele e la Shoah. La nazione e il culto della tragedia (Einaudi, Torino, 2000) ricorda come già nel 1948 la Arendt “previde un futuro funesto per lo Stato ebraico qualora non fosse riuscito a istituire relazioni collaborative e pacifiche con gli arabi residenti all’interno e all’esterno dei suoi confini” e contasse invece sulla sua forza e sull’ausilio di una potenza straniera, vista come colonialista: “se i sionisti – sono parole della Arendt -continueranno a ignorare i popoli del Mediterraneo e a guardare unicamente alle grandi potenze lontane finiranno coll’apparire strumenti o agenti di interessi estranei e ostili. Gli ebrei che conoscono la loro storia dovrebbero rendersi conto che una situazione del genere condurrebbe inevitabilmente a una nuova ondata di odio anti-ebraico, l’antisemitismo di domani”. Commenta la Zertal: “L’atteggiamento critico della Arendt nei confronti di certi aspetti del nuovo sionismo, della religione nazionale e della sostituzione del culto di Dio con quello dello Stato, non ne fa certo una ebrea che odia se stessa, né una antisionista, né una nemica dello Stato di Israele come pretesero i suoi critici”.
La studiosa Antonia Grunenberg aggiunge altre considerazioni: “Negli anni ’40 all’interno del movimento sionista s’impose gradualmente la posizione di due esponenti politici che all’epoca si trovavano già nel protettorato britannico della Palestina: Golda Meir e David Ben Gurion” i quali miravano ad uno “Stato israeliano senza la collaborazione degli Arabi, ovvero dei palestinesi che ci vivevano… Nel 1948 lo Stato di Israele fu fondato esattamente in quella configurazione che Magnes , la Arendt e i gruppi sionisti a loro vicini giudicavano fatale: uno Stato a maggioranza ebraica e con minoranza araba, circondato da Stati arabi ostili…”.
Secondo la Arendt Israele “avrebbe prodotto quel genere di conflitti nazionali che avevano provocato in Europa la duplice catastrofe di due guerre mondiali”, essendo l’errore nel “costituire uno Stato su base etnica, con conseguente esclusione delle minoranze da uno status politico… la Arendt spiegò che il sionismo, in seguito alla scelta fatta -la creazione di uno Stato di Israele- si sarebbe trovato alle prese con le stesse conseguenze del nazionalismo: conflitti razziali e guerre”.
L’alternativa era per lei una federazione ebraico-palestinese (Antonia Grunenberg, Hannah Arendt e Martin Heidegger, Longanesi, Milano).
Per approfondire il pensiero della Arendt: https://www.youtube.com/watch?v=LG-TPFSs4T4
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