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Arte e Cultura

Martalar, dai messaggi delle sue opere alle recenti polemiche sull’orso di Molveno

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Marco Martello, in arte Martalar, è uno degli scultori più conosciuti in Trentino. Veneto di origini e residente nell’Altopiano di Asiago, è diventato famoso per le sue grandi opere realizzate con materiali di riciclo, come il legno ricavato dagli alberi caduti durante la tempesta Vaia.

Prima fra tutte, quella che l’ha portato sotto i riflettori, c’è il Drago Vaia, terminato ed esposto a Lavarone. L’opera ha fin da subito riscosso successo, generando grandi flussi di visitatori.

Poi c’è la Lupa del Lagorai a Vetriolo, del 2022, l’Aquila a Marcesina, nel comune di Grigno, il Leone Alato, opera itinerante, e molte altre.

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Ultimo, l’Orso di Molveno, che ha scatenato non poche polemiche…

Come costruisci le tue opere?

“Dopo la progettazione, faccio un’impalcatura in legno, poi la rivesto. Uso legno non trattato, senza applicarci prodotti chimici.  Nel caso dell’orso, ho usato radici di larice, che durano un po’ di più. È il concetto della Landart, il fatto che l’opera sia soggetta a deterioramento fa parte dell’opera stessa.”

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Cosa ne pensi del successo che ha avuto il Drago Vaia?

“È stato inaspettato, una sorpresa, anche per il sindaco e l’associazione che hanno voluto l’opera. Si pensava ad attirare turisti, non si immaginava così tanto. Il fatto che si possa vedere gratuitamente sicuramente incentiva le persone a visitare il luogo. Ora ci vanno proprio apposta.”

E quando è stato bruciato?

“Ci sono rimasto male, c’è sempre qualcuno che compie atti spiacevoli, purtroppo. Le indagini sono ancora in corso, il sospetto è che desse fastidio a qualcuno del posto per la folla di persone che attirava. Adesso consiglio sempre ai comuni che ospitano le opere  di provvedere alla sorveglianza delle zone con telecamere.”

C’è un’opera in particolare al quale sei legato? 

“No, mi piace farle, poi amo l’idea che le persone possano usufruire del mio lavoro, ma se proprio dovessi scegliere direi il Drago Vaia…”

Come scegli i soggetti delle tue opere? 

“Nel caso del Drago Vaia, costruito con i resti degli alberi abbattuti durante l’omonima tempesta, il drago mi sembrava l’animale che rappresentasse meglio la furia di Vaia, ha un’immagine molto forte. Per quanto riguarda la lupa, è simbolo del Trentino…Anche in questo caso c’è stato un malcontento… Per l’orso stesso discorso, ha sempre fatto parte delle zone di Molveno. Si trova nel logo del comune di Andalo e anche nei nomi di ristoranti o alberghi.”

Le tue sono opere ecologiche….

“Sì, l’unico elemento non naturale sono le viti. Quando il Drago è stato distrutto, mi sono recato sul posto e ho raccolto un secchio di viti, per non lasciarle nell’ambiente, oltre a recuperare qualche legno bruciato per riutilizzarlo nel Drago Regeneration, terminato nel 2024.
Quando le mie opere dovranno essere smontate perché troppo deteriorate, basterà fare lo stesso.”

Passiamo ora all’argomento “caldo” di questi giorni. È vero che hai ricevuto minacce a causa dell’Orso di Molveno?

“Non proprio minacce, mi hanno augurato di morire sbranato da un orso come Andrea Papi. Non do importanza a questi commenti, fatti per lo più sui social con tanto di nome e cognome degli autori. Non procederò neanche con le denunce, lascio stare e basta. Si tratta di esaltati…”

Cosa speri di trasmettere con quest’opera?

“Non volevo alimentare le polemiche. Nel corso degli anni, oltre che contro l’orso, si è scatenata una diatriba tra persone. Vorrei che ci fosse riappacificazione tra uomo e natura, trovando un dialogo che sia razionale. L’orso è un animale bello e affascinante, ma può anche predare, perciò può causare problemi: la soluzione va trovata nel rispetto e nell’equilibrio. Le polemiche si trovano più sui social, nei due mesi e mezzo in cui ho costruito l’opera sono stato a contatto con la gente del posto e non ho percepito tutto questo astio. La maggior parte delle persone si soffermava sulla bellezza dell’opera, aveva una visione aperta. Non ho notato così tanta conflittualità.”

Eppure l’orso a Molveno c’è…

“Sì, recandomi nel bosco di mattina presto a lavorare vedevo più animali che persone e mi sono imbattuto nei suoi escrementi, pur non avendolo mai incontrato. Incute timore e soggezione, fa stare ” in guardia”, quando si va nei boschi. Però non può diventare un taboo, l’orso qui è nei monumenti, nei nomi degli hotel….Dappertutto.”

E per quanto riguarda le altre opere?

“Il rapporto tra uomo e natura è conflittuale. C’è bisogno di equilibrio. Pensiamo di poterla dominare, credendo di essere superiori, ma in realtà dovremmo comprenderla e rispettarla, per evitare spiacevoli conseguenze. Lei presenta sempre il conto, lo abbiamo visto con la tempesta Vaia, si esprime in maniera sempre più potente. È come una mamma che cerca di insegnarci a stare al mondo e noi siamo i bambini che continuiamo a disobbedire…Il pianeta è un circuito chiuso, se buttiamo la plastica in mare poi ce la ritroviamo nel piatto.

Per esempio, abbiamo piantato un sacco di abeti per i nostri comodi e la tempesta Vaia li ha abbattuti, poi è arrivato il bostrico. Bisogna far fare alla natura, lasciando che il bosco sia vario. Sarebbe un vantaggio sia per essa che per noi.”

Prossimi progetti?

“Sto lavorando a un’opera fuori dal Trentino, ma non dico dove.  Mi piace lavorare da solo e non vorrei che si creassero flussi di persone. Mantengo il silenzio come sempre…”

 

 

 

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