Ambiente
Orsi in Trentino, Alessandro de Guelmi: «La provincia sta lavorando molto bene»
«Il lavoro degli allevatori va riconosciuto, sostenuto e remunerato. L’abbattimento degli orsi pericolosi va fatto»

Alessandro De Guelmi (foto) è un veterinario esperto di fauna selvatica, con una grande conoscenza dell’orso, grazie ai trent’anni di esperienze dirette con questo animale.
Ora in pensione, ha collaborato per anni con la Provincia ed è stato il responsabile del benessere degli orsi e della loro sedazione durante le fasi di cattura.
Dato il clima di grande tensione che si è determinato negli ultimi anni in Trentino a riguardo alla questione orsi, abbiamo deciso di porgli qualche domanda.
Partiamo subito dai numeri… Secondo il Rapporto Grandi Carnivori 2023, il numero di orsi presenti in Trentino è stato stimato intorno ai 98 esemplari, con un Intervallo di Confidenza che va tra gli 86 e i 120, considerando gli orsi dall’anno di età in su. Lei cosa ne pensa? C’è chi parla di 200 orsi o più, altri sostengono che non ci siano dati sufficienti per fare una stima corretta.
“Sono abbastanza d’accordo con questa stima, realizzata nel 2023, anche se secondo me e altri esperti che girano per il territorio alcuni orsi mancano all’appello. Probabilmente ci sono stati diversi episodi di bracconaggio o di avvelenamento.”
E qui veniamo al caso dell’orsa F36, trovata morta nei boschi. Si parla di bracconaggio, ma è stata chiesta l’archiviazione…
“L’autopsia non lascia dubbi, è stata uccisa con una fucilata. Quanto alle questioni legali non mi esprimo, perchè non ho competenze in merito. Sicuramente dispiace che non venga fatta chiarezza.”
Secondo lei è legittima la paura che i trentini provano nell’andar per boschi?
“La paura è irrazionale, ma se gestita con razionalità è fondamentale per comprendere e valutare il rischio. La situazione di paura che c’è oggi è stata creata ad hoc, è una psicosi collettiva. C’è da temere di più l’encefalite da zecca, è molto più probabile che subire l’attacco di un orso.
La gente ha il terrore ad andare nei boschi, come se ci fossero orsi nascosti pronti ad assaltare. L’orso attacca per difesa e non per predare, non è una belva feroce. Non sopporta essere colto di sorpresa e infatti l’80% degli incidenti ha riguardato uomini adulti che nei momenti crepuscolari correvano veloci ed in silenzio nei boschi.”
L’orso ha un’alimentazione di tipo opportunistico…
“Sì, è un onnivoro per eccellenza, si nutre di qualsiasi cosa. Per circa l’80% la sua dieta è composta da vegetali, il resto da insetti e carcasse di animali che ritrova morti. Non è un predatore, generalmente non insegue per predare. È un plantigrado, ovvero appoggia tutta la pianta del piede per terra, cosa che richiede molta energia. Se vuol sopravvivere all’inverno è perfettamente cosciente che non può sprecare energie rincorrendo prede o simili. Solamente una piccola percentuale di orsi effettua predazioni su animali domestici”
E si apre il discorso degli allevatori…
“Gli allevatori vanno aiutati. Non è facile il loro lavoro e la presenza di orsi e lupi aggiunge incombenze che prima non avevano. Per mettere nel ricovero notturno il bestiame devono andare nei pascoli a prelevarli, affrontando la montagna anche in momenti non ideali, come brutto tempo, buio e nebbia. Inoltre la notte è importante per l’alimentazione degli animali da pascolo, quindi sarebbe meglio lasciarli all’aperto. Durante il giorno sono infastiditi da mosche e tafani e mangiano dunque di più di notte. Anche questo impatta economicamente sugli allevatori.
La Provincia dal punto di vista della prevenzione delle predazioni da parte di orsi e lupi sta lavorando molto bene, in maniera ottimale, fornendo recinti elettrificati e tutto quanto occorra per custodire adeguatamente il bestiame, ma ci vuole il sostegno dell’intera società. Il lavoro di questi allevatori va riconosciuto e remunerato.
Devono sentirsi supportati. Va fatto un patto sociale, tramite l’elaborazione di strategie prese di comune accordo tra tutte le parti, chi ama orsi e lupi, chi li odia e chi ci convive. Bisogna ridurre la conflittualità sociale che si è creata intorno alla questione. Prima era tra orso e uomo, adesso anche tra uomo e uomo…”
Cosa pensa dello spray anti-orso?
“Penso sia uno strumento utile, ma non è una soluzione. Intendo che vanno fatte comunque una serie di attività di ricerca e prevenzione. Sicuramente aiuterebbe certe persone che frequentano la montagna a viverla più serenamente. In particolare pastori o altre persone che per lavoro o diletto si muovono da sole ed in silenzio nei boschi.
Non dovrà essere venduto liberamente, ma sotto controllo. Funziona certamente meglio delle armi da fuoco che sono una falsa sicurezza, anzi, un pericolo. Durante un falso attacco, sparare all’orso è estremamente pericoloso, difficilmente si può riuscire ad abbatterlo e di conseguenza il falso attacco può trasformarsi in uno vero, con conseguenze disastrose per la persona.”
Che tipo di prevenzione?
“Occorre installare i bidoni anti-orso, per evitare che l’orso associ l’uomo alla presenza di cibo. Un altro grande problema sono i siti di foraggiamento per gli animali selvatici, è una pratica sbagliata sotto tanti punti di vista. Abitua gli ungulati a ricevere alimentazione artificiale e la maggior concentrazione di tali animali in questi luoghi aumenta di gran lunga il rischio di malattie infettive e parassitarie.
Quanto agli orsi, spesso in tali siti trovano mele e mais, di cui sono ghiotti. L’orso ha un olfatto dieci volte più potente di quello del cane, quindi sente l’odore dell’uomo su questi alimenti. E da qui nasce il collegamento uomo-cibo, condizionando l’orso al facile alimento antropico, che lo spinge ad avvicinarsi all’uomo e ai suoi insediamenti. I siti di foraggiamento andrebbero vietati, ora sono solamente sconsigliati. Mi pare un controsenso investire più di due milioni di euro di soldi pubblici in bidoni anti-orso e mantenere questa pratica che potrebbe inficiarne il risultato.
Non è tutto. La ricerca di cibo facile può portare l’orso a seguire gli escursionisti o a frequentare con assiduità sentieri, mulattiere o strade. Lungo questi itinerari non va lasciato neanche un torsolo di mela.
Al fine della sicurezza, sarà indispensabile implementare la ricerca ed il monitoraggio della popolazione ursina, solo così si potranno avere tutte le opportune conoscenze per informare ed educare le persone. L’informazione va messa in atto professionalmente, in modo capillare e sistematico, partendo ovviamente dalla scuola. È fondamentale trasmettere tutte le conoscenze riguardanti l’orso: il suo comportamento, cosa fare per non disturbarlo o per non incrociarlo e come agire in caso di incontro.”
Come funziona la dissuasione?
“Consiste nell’intervenire nel momento in cui l’orso manifesti atteggiamenti problematici o potenzialmente pericolosi; per esempio, se un orso si dovesse avvicinare ripetutamente a un paese per fare predazioni o alla ricerca di cibo facile, come i nostri rifiuti organici.
In tal caso la squadra di emergenza della forestale della Provincia interviene spaventando l’orso con luci e rumori, sparando pallettoni di gomma e facendo inseguire il malcapitato dai cani anti-orso, debitamente addestrati. Non sempre questa strategia risulta efficace, normalmente può funzionare, specialmente su soggetti giovani. È fondamentale che la potenziale fonte di cibo che ha attratto l’orso venga rimossa.
La cattura e il successivo radiocollaraggio sono operazioni complesse, difficili e rischiose, ma necessarie: quella della ricerca è un’ attività fondamentale. Conosciamo pochissimo sulle loro abitudini, non sappiamo bene come si muovano sul territorio, ma per poter rendere la convivenza ottimale dobbiamo fare ricerca sui nostri orsi e non basarci sui dati di altre nazioni, come Canada o Stati Uniti.
Il tutto accompagnato da un adeguato monitoraggio genetico. Siamo la zona con più alta densità di presenza umana in cui risiede in maniera stanziale una popolazione di orsi… Dobbiamo perciò attivare al meglio tutti gli strumenti che la scienza mette a disposizione per studiarli, conoscerli e gestirli.”
E i corridoi faunistici?
“Il territorio trentino è diviso da solchi vallivi che rendono problematici e pericolosi gli attraversamenti a tutta la fauna, orsi compresi. In particolare la Val d’Adige, con autostrada, ferrovia, insediamenti umani, rumori e luci, risulta essere una barriera molto difficile da oltrepassare e impedisce di fatto qualsiasi contatto con la popolazione di orsi slovena, bloccando lo scambio genetico.
I corridoi faunistici ci sono in tutto il mondo, qua no, anche se è da anni che li propongo. Il progetto Life Ursus prevedeva la distribuzione dell’orso sull’intero arco alpino, non solo nel Trentino occidentale. A titolo esemplificativo, due sovrappassi stradali nella zona di Vezzano e a Loppio andrebbero a collegare la val Venosta con il monte Baldo, con indubbi vantaggi per la fauna, ma anche per la sicurezza stradale. Ovviamente i tempi non sono brevi, ci vogliono progetti e finanziamenti.”
Che altro consiglia per una migliore gestione?
“Ritengo sia indispensabile istituire un tavolo di partecipazione molto allargato, che veda coinvolti tutti i portatori di interesse, al fine di raggiungere un patto sociale che definisca il numero di orsi che il territorio trentino e la popolazione sono in grado di sopportare.
Ho lavorato molti anni con i bravissimi forestali della provincia di Trento: affianchiandoli ai tecnici del Parco Adamello Brenta e del Muse avremmo un equipe stroadinaria che tutto il mondo ci invidierebbe. Mettiamoli nelle condizioni di lavorare al meglio! Sono bravissimi e molto competenti, con una grandissima esperienza. Basta dar loro il modo di lavorare.”
Cosa pensa del recente abbattimento dell’orsa nella zona di Arco?
“Penso che l’abbattimento di esemplari pericolosi sia necessario, è una cosa che va accettata. Avviene in tutto il mondo, l’abbattimento legale è uno degli strumenti più importanti per garantire la sicurezza delle persone e la sopravvivenza della popolazione stessa degli orsi. Prima però bisogna adottare una serie di misure per evitare che ciò si renda necessario.
L’abbattimento è da considerarsi l’ultima spiaggia e non è mai una cosa piacevole, è una sconfitta, un fallimento. L’orso è un animale pericoloso, né più né meno di tanti altri pericoli che incontriamo tutti i giorni, tuttavia il rischio che possa nuocere alle persone è molto basso.
Possiamo ulteriormente minimizzare tale rischio attraverso un’informazione corretta, costante e capillare riguardante il comportamento dell’orso e di conseguenza del nostro, in occasione di un eventuale incontro. A ciò è indispensabile affiancare tutte le attività inerenti alla prevenzione e alla ricerca, utilizzando tutti le indicazioni e gli strumenti tecnici che la scienza moderna può mettere a disposizione.”
Cosa succederebbe se l’orso scomparisse?
“La logica antropocentrica che ci spinge a eliminare tutto ciò che ci dà fastidio è la stessa che sta distruggendo il pianeta e che sta portando l’Homo sapiens sempre più velocemente verso la sua stessa estinzione. La natura siamo anche noi umani, non è una cornice che ci racchiude. Con l’orso verrebbe a mancare parte dell’ecosistema, ogni specie che si perde è un campanello d’allarme per la nostra stessa sopravvivenza.
Inoltre ci insegna il rispetto: quando si entra in un bosco dove non è presente l’orso ci si sente i più forti, i padroni. Al contrario, quando c’è l’orso si entra con attenzione, circospezione e rispetto e ci si sente ospiti. Lo stesso comportamento lo dovremmo mettere in pratica nel nostro rapporto con la natura in generale.”
Quante volte ha incontrato l’orso e quante si è sentito minacciato?
“L’ho incontrato tantissime volte e non mi sono mai sentito minacciato. Se non lo indisponi non fa niente. Ho subito dei falsi attacchi senza contatto, l’orso li utilizza per farti capire di non entrare nel suo spazio vitale, ma se si reagisce nella maniera corretta non succede nulla. Lo sa bene il ragazzino in Val di Non che qualche anno fa si è imbattuto in un orso, comportandosi correttamente.
Poi però si sente di certe persone, magari cacciatori, che dovrebbero sapere ormai cosa fare (sono più a rischio, perchè si muovono silenziosamente, sorprendendo l’orso), che si mettono a correre, cosa assolutamente sbagliata… C’è chi si è arrampicato sull’albero, che nel linguaggio dell’orso vuol dire “giochiamo”!”
Cosa risponderebbe a chi afferma che l’orso, prima della reintroduzione, fosse scomparso da cento anni o più?
“L’orso ha convissuto con l’uomo per migliaia di anni. Dal 1800 in poi, a causa del miglioramento delle armi da fuoco e delle alettanti taglie e ricompense che venivano elargite dal governo austriaco a chi uccideva l’orso, oltre che per l’eccessivo utilizzo e sfruttamento dei boschi, l’orso ha iniziato la sua graduale scomparsa.
Per una famiglia di allora, la perdita di un solo capo di bestiame, predato dall’orso, era un fatto grave e poteva voler dire “fame”. Questo accanimento contro l’orso poteva allora essere giustificato, ma certamente anche ai tempi veniva enfatizzato. Basta pensare che il cacciatore di orsi godeva nei paesi di grande stima ed ammirazione.
A causa delle continue persecuzioni e probabilmente anche a causa di problematiche genetiche legate alla consanguineità, negli anni 70 del secolo scorso erano rimasti solamente circa 10-12 orsi. Vent’anni dopo, negli anni ’90, solo due vecchi maschi e la popolazione poteva perciò considerarsi estinta.”
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